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Esami di Stato, il colloquio è pluridisciplinare?

Nella nuova versione dell’esame di Stato viene ancora una volta rinsaldata la cultura della didattica interdisciplinare sia nella formulazione delle prove scritte ed in particolare della terza prova, sia nel “colloquio orale” che si auspica “interdisciplinare”, espressione e verifica della maturità di pensiero critico, di capacità espressiva, comunicativa, logica e di giudizio.
La dimensione del “colloquio”, che per definizione è una “conversazione tra due o più persone su argomenti di una certa importanza” preclude e si oppone all’attuale gestione della prova orale, che risulta una “somma di colloqui distinti, un repertorio di domande e risposte, un inconsistente esercizio verboso”.
Il “percorso pluridisciplinare” presentato dal candidato offre già un vasto campo d’indagine e d’approfondimento che necessita certamente ulteriori approfondimenti e capacità di transfer e di raccordi interdisciplinari, operando deduzioni ed inferenze.
La dimensione educativa dell’esame che è anche bilancio dell’attività dello studente, dell’azione formativa e culturale della scuola trova la sua espressione di sintesi nella “bella interrogazione finale” dettata dalla volontà del candidato di dimostrare a se stesso, il percorso formativo svolto ed ai docenti i traguardi conseguiti, attraverso l’impegno nello studio ed il potenziamento delle capacità espositive ed argomentative, di problematizzazione e di personalizzazione delle conoscenze che hanno stimolato abilità e competenze.
Ogni commissario, dopo la presentazione del percorso da parte del candidato, ha ritenuto di svolgere l bene a sua parte, formulando nel modo più originale le “sue” domande e con un ormai classico “per me può bastare” cede la palla all’altro docente.  Povero candidato, sballottato a destra e a sinistra del lungo tavolo dove la prima volta vede seduti insieme tutti i suoi docenti. In classe li vede uno per volta e sa adeguarsi ai diversi stili ed alle variegate metodologie, anche se in teoria “avrebbero dovuto lavorare insieme per un intero triennio”, progettando un percorso didattico sintetizzato nel documento del 15 maggio.
Gli esami risultano lo specchio virtuale dell’azione didattica. I docenti che nel corso dell’anno hanno lavorato in maniera unitaria sanno costruire un vero documento della storia didattica della classe e non si limitano ad un semplice assemblaggio di programmi distinti.
Ma quando i professori stanno “insieme” e non solo “accanto”?
Forse nei consigli di classe, qualora ci fosse una significativa progettualità didattica, e per il restante periodo ciascuno nella propria “solitudine” gestisce i contenuti della propria disciplina, in piena autonomia e “libertà didattica”. Sono questi valori positivi della cultura formativa e educativa, ma non possono essere ridotti a “In classe comando io e faccio quello che voglio. Nella mia disciplina nessuno mi può dire nulla”.
Lo spirito e l’azione educativa si sostanziano di collaborazione, cooperazione, codecisione, e se tutto questo è vero il docente dovrebbe costruirsi uno stile di lavoro cooperativo, che trova la sua linea di convergenza nella metodologia didattica unitaria.
Tale traguardo non può certamente inventarsi in sede d’esame, ma va preparato nel corso del triennio attraverso un significativo cammino in tale direzione.
I contrasti interni ed i litigi tra i docenti del corso, hanno, infatti, nuociuto allo svolgimento sereno degli esami ed in alcune commissioni era visibile la “spaccatura” tra i commissari.
Il presidente della commissione, unico membro esterno, dovrebbe costituire l’osservatore, il coordinatore ed il moderatore del colloquio orale, ma non potendo essere presente in tutte le commissioni tale esercizio vien meno e un’occasione di verifica.di così grande importanza risulta poco efficace. Per migliorare l’attuale modalità di svolgimento degli esami potrebbe risultare positiva l’assegnazione di un presidente ogni due commissioni, o a seconda del numero anche per tre commissioni, così da consentire un reale svolgimento del colloquio orale con la presenza vigile ed attenta di un presidente coordinatore esterno.
Se l’esame aiuta e stimola tale azione di verifica del proprio modo di insegnare e di interagire con gli studenti, ben venga questa “opportunità” di crescita e d’impegno che tende ad elevare la qualità dell’istruzione, indipendentemente dal valore legale del titolo di studio o della percentuale di “promossi” o delle agevolazioni alle scuole paritarie., problemi che restano aperti ad ulteriori soluzioni. Cerchiamo la qualità e tutti ne avremo gran beneficio.

 

                       

 

 

Giuseppe Adernò

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