E’ opportuno garantire un minimo di serietà all’esame di “maturità” se organizzato in situazioni ancora emergenziali. E peraltro visto che in molti chiedono un rientro in presenza al 75% o persino al 100% dell’intera popolazione scolastica, nonostante i timori espressi da gran parte dei medici (e anche un prolungamento delle lezioni in presenza sino al 30 giugno: questo sì, con tutte le classi presenti, e gli esami con una prova scritta no?) allora che problema ci sarebbe stato a prevedere almeno uno scritto (quello di Italiano) con alunni eventualmente suddivisi in due aule (anche non necessariamente per le sole “classi pollaio”) visto che in quel periodo a scuola ci saranno soltanto le quinte classi per gli esami di Stato?
Sempre che la situazione epidemiologica lo consenta, speriamo di sì ovviamente, ma ciò vale per tutto: esame di Stato, ipotesi ci auguriamo tramontata del prolungamento a giugno, lezioni in presenza.
Qualcuno si chiede anche perché possono essere svolte le prove Invalsi (la partecipazione peraltro non sarà requisito d’accesso all’esame) e non la prova scritta di Italiano alla “maturità”.
In un precedente articolo ci siamo poi soffermati sulla tempistica della produzione degli elaborati che gli studenti dovranno preparare (peraltro affiancati dai loro docenti) nel mese di maggio, quando c’è forse la necessità per alcuni ragazzi di “riparare” a qualche insufficienza per cui occorre naturalmente impegnarsi studiando e per i docenti di completare il percorso didattico già definito a settembre in sede di programmazione annuale.
Abbiamo notato che sui “social” diversi insegnanti hanno interpretato questa nostra annotazione relativa alla tempistica in modo sbagliato, cioè si chiedevano come mai viene posto un problema sul fatto che gli alunni si impegnassero nella stesura di un elaborato. Niente di più errato: noi mettiamo in discussione la tempistica e la possibilità che supportando gli studenti nella stesura dell’elaborato possa poi divenire la prova d’esame (ricordiamo con soltanto membri interni più un presidente che peraltro si dovrà barcamenare tra due commissioni) una sorta di ”recita” di un testo già conosciuto e a cui forse si è persino collaborato nella stesura. A cosa servirebbe?
Ricordiamo infatti che gli elaborati verranno assegnati entro il 30 aprile e saranno da consegnare entro il 31 maggio, prima degli scrutini che potrebbero decretare la non ammissione di un alunno agli esami, dato che lo stesso comunicato ministeriale (in attesa dell’Ordinanza che sarà nei prossimi giorni passata al vaglio del Cspi) conferma quanto già fatto trapelare dal ministro Patrizio Bianchi, cioè che l’ammissione all’esame di Stato sarà deliberata dal Consiglio di classe, mentre l’anno scorso erano tutti ammessi a prescindere dal “profitto” (eccezioni potevano essere rappresentate da casi legati a pesanti sanzioni disciplinari a carico dello studente).
Ora noi rileviamo che, per diversi motivi che stiamo per elencare, la soluzione di fare preparare durante il mese di maggio l’elaborato finalizzato all’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione non ci sembra la più opportuna, sia per gli alunni che per gli insegnanti.
Ricordiamo che nel comunicato c’è scritto “ogni docente seguirà un gruppo di studenti. Ragazze e ragazzi saranno accompagnati durante la costruzione del loro elaborato”: allora – abbiamo annotato nell’articolo di un paio di giorni fa – poi che senso ha fare iniziare il colloquio a partire dalla presentazione e discussione dell’elaborato, se di fronte i maturandi avranno gli stessi docenti che li hanno seguiti (e forse aiutati, comunque si saranno già confrontati, alunni e insegnanti, nel periodo della preparazione e della stesura del suddetto elaborato)? Almeno l’anno scorso l’elaborato gli studenti lo preparavano autonomamente da soli (possibilmente senza avere contatti con gli insegnanti che avevano spiegato prima soltanto le modalità di svolgimento della suddetta prova, gli argomenti interessati e come impostare il lavoro) a partire dalla fine di maggio e lo consegnavano alcuni giorni prima dell’inizio dell’esame.
Anche perché il mese di maggio potrebbe invece essere utile agli alunni che hanno necessità di recuperare lacune e conseguenti insufficienze, per impegnarsi su tale versante, visto che proprio il raggiungimento di certi obiettivi di apprendimento dovrebbe (…almeno in teoria) rappresentare il “lasciapassare” per gli esami e comunque una adeguata preparazione sarebbe utile in ogni caso per poi sostenere l’esame stesso. Si è parlato tanto nei giorni scorsi di necessità di “recuperare” (anche rispetto alle lezioni in Dad, che però sia chiaro hanno visto l’impegno gravoso di insegnanti e della maggior parte degli stessi alunni): non sarebbe bene eventualmente “recuperare” (secondo la logica di chi afferma che ci sia bisogno di dover “recuperare” in maniera generalizzata, il che è tutto da dimostrare) a maggio prima che finisca l’anno scolastico invece di pensare a soluzioni come il prolungamento delle lezioni sino alla fine di giugno, assai discutibili per tanti motivi (anche per il fatto che in alcuni casi la temperatura delle aule sfiora i 40 gradi)?
E poi non va dimenticato che i docenti ad inizio di anno scolastico fanno una programmazione degli argomenti da trattare (magari attraverso appositi “moduli”) e sicuramente anche a maggio saranno stati calendarizzati argomenti ed attività: il non poterli svolgere perché impegnati a sostenere gli alunni nella preparazione dell’elaborato porterebbe a non completare il programma prefissato e quindi ad accumulare lacune su lacune (che peraltro gli alunni “maturandi” non potrebbero più recuperare neppure in futuro!). E comunque anche gli stessi allievi non penso possano preparare un elaborato adeguato a un esame di Stato mentre nello stesso periodo devono studiare, si spera con uguale impegno e serietà, altri argomenti del programma annuale.
Altra cosa sarebbe se la promozione fosse decisa in sede di scrutinio dal Consiglio di classe nella sua collegialità: allora l’elaborato andrebbe certamente programmato e svolto a maggio, perché poi elemento di valutazione negli scrutini (cosa che invece non può avvenire stante così le cose, in quanto finalizzato all’esame e non alla valutazione “ordinaria” dell’anno scolastico fatta in sede di scrutinio: se si valutasse il “profitto” dell’elaborato in sede di scrutinio secondo me si andrebbe persino a rischio di contenzioso in caso di non ammissione dell’alunno alla prova di “maturità”).
Insomma delle due l’una: o si cerca di allestire un esame di maturità serio, almeno con una prova scritta di Italiano (fattibile, perché se si può andare a scuola in presenza non si capisce perché non sia possibile organizzare un esame scritto, magari dividendo gli alunni in due aule, soprattutto, ma non solo, in caso di classe numerosa) e un orale che possa partire dalle discipline di indirizzo – ma con elaborato preparato autonomamente dagli alunni al termine dell’anno scolastico, prima dell’inizio degli stessi esami (in fondo come l’anno scorso) – e proseguire con le altre materie; oppure piuttosto che allestire una “rappresentazione” dell’esame di maturità si lasci il giudizio della promozione all’esito degli scrutini del CdC, almeno sin quando non si potrà tornare ad un esame “tradizionale”. Ma già, ci sono i sostenitori dell’esame di maturità come “rito di passaggio” (?), che magari preferiscono mettere su un “teatrino dell’esame” (costoso) pur di imporre l’ormai famoso “sapore della maturità” di “azzoliniana memoria”.
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