Nell’articolo di ieri Giovanni Morello, ha evidenziato come gli “elaborati” degli studenti agli esami di stato siano, anche quest’anno, copiati ingenuamente da internet facendo diventare l’appuntamento finale della carriera dello studente un rito da confezionare stancamente come “ultimo atto” della propria carriera da studente, senza poter e voler dimostrare il proprio orgoglio per la maturità raggiunta attraverso un utilizzo poietico della propria esperienza di studio.
Spesso gli studenti non si premurano nemmeno di nascondere la provenienza dei loro elaborati dalla rete e nell’uso del “copia e incolla”, non ci si preoccupa nemmeno di formattare in modo uniforme i testi che wikipedia offre sulle varie discipline con caratteri tipografici diversi.
Nonostante questo vezzo imperi da decenni, pochissime scuole e pochissimi docenti hanno fatto un investimento culturale sull’appuntamento con gli esami di stato lasciando soli gli studenti in questo importante momento e svuotandolo, di conseguenza, di significato e molti detrattori ne propongono, addirittura, l’abolizione di questo stanco e inutile orpello estivo.
Dare la colpa di questo “decadimento” solo agli studenti sarebbe errato e non permetterebbe di trovare soluzioni significative e qualificanti per un appuntamento importante non solo per i diretti interessati, ma per la comunità scolastica, per i genitori, per la società cui piacerebbe verificare la bontà degli investimenti culturali fatti per le nuove generazioni.
L’appuntamento con gli esami di stato dovrebbe riguardare non solo gli studenti, ma dovrebbe vedere in prima linea i docenti, i coordinatori di classe, i docenti mentori degli studenti dei professionali, i tutor dell’alternanza scuola lavoro, gli interi consigli di classe coinvolti in un lavoro di proposte, di consigli per supportare ed accompagnare professionalmente e a livello interdisciplinare i loro studenti al traguardo.
Gli esami di stato dovrebbe essere un appuntamento serio e qualificante prima per i docenti e poi per i loro studenti.
Le prove per gli esami di stato dovrebbero fare a meno, come abbiamo sperimentato in questo due anni di pandemia, delle prove scritte definite dal Ministero e dovrebbero essere proposte dalla Commissione per dare maggiore dignità anche al documento del 15 maggio che rappresenta il vero curricolo della scuola e dello studente, non essendoci più i programmi ministeriali come ci ha ricordato, quasi urlandolo, lo stesso Ministro Bianchi.
Lo studente lasciato solo e non guidato per questo appuntamento così importante per la propria, spesso conclusiva, esperienza da studente, cerca soluzioni per vie brevi o da “furbetti” rivolgendosi ai social e alla rete, che sono fonti importanti della conoscenza nel mondo attuale, ma che necessitano un processo di metacognizione e di autoriflessione con i propri coetanei e con i propri docenti durante tutto l’ultimo anno del corso di studi.
E sarebbe opportuno che i Dirigenti scolastici, che presiedono il 90% delle commissioni degli esami di stato, oltre a prendere atto dei limiti, delle criticità e della irrilevanza di questo appuntamento poi pongano nel Piani di Miglioramento delle loro scuole e negli Atti di indirizzo per l’elaborazione del Piano Triennale dell’offerta formativa l’obiettivo di migliorare e rendere significativo questo appuntamento con la cultura.
Gli studenti trovano subito un surrogato ai docenti spesso anche su loro stesso suggerimento come confessato dal 43% degli studenti. Il 75% dei ragazzi, inoltre, ammette di aver copiato del tutto o in parte il contenuto presentato alla commissione.
Anche la novità importante introdotta quest’anno con il ruolo assegnato al consiglio di classe e ad un docente tutor che entro il 30 aprile avrebbero dovuto assegnare la traccia per la predisposizione dell’elaborato agli studenti è stata accolta da molti come un fardello burocratico e non come occasione per rilanciare il ruolo dei docenti nel percorso di preparazione degli studenti all’appuntamento con gli esami di stato.
I limiti temporali, le difficoltà organizzative dovute al covid hanno impedito che la proposta, che in parte il Ministro ha mutuato dalla sua esperienza accademica nell’impostazione e accompagnamento dello studente per l’appuntamento con la tesi di laurea, potesse avere il successo meritato, ma è opportuno che si rifletta meglio e di più su questa proposta come occasione per un approccio plurale agli esami di stato.
In questo primo anno dobbiamo registrare, purtroppo, che solo il 20% dichiara di aver concordato i contenuti dell’elaborato con il professore tutor, mentre il 33% degli studenti lo ha definito personalmente ed isolatamente, ed il 47% lo ha subito su indicazione pervenuta dai docenti senza un adeguato confronto.
Che il ruolo svolto dai docenti designati per l’attività di accompagnamento agli esami sia stato poco efficace lo dimostrano anche i sondaggi degli studenti sui social: solo il 16% degli studenti si ritiene soddisfatto del supporto avuto dal proprio tutor, mentre il 28% sostiene che il tutor avrebbe dovuto fare di più ed il 40% conferma di averlo sentito poco o nulla e addirittura il 16% non sa chi sia.
Dopo due anni di pandemia con aule vuote, soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado, tutti ci auguriamo che il prossimo anno scolastico si possa tornare a vivere da protagonisti nelle nostre Istituzioni scolastiche e sarebbe opportuno e auspicabile pensare agli esami di stato non come ultimo e “stanco passo” da adempiere senza entusiasmo, ma come punto di partenza per definire i benchmark ai quali tendere e costruire un curricolo che rispetti le Indicazioni nazionali, il Piano dell’Offerta Formativa, il Piano di Miglioramento, ma soprattutto il progetto di vita delle studentesse e degli studenti.
Sarebbe una bella sfida capace di rimotivare studenti e docenti e auguri per un meritato riposo estivo che aiuti a rimodulare il nostro “fare scuola”.
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