A inizio giugno, con la consueta puntualità, arrivano i primi caldi estivi e le solite polemiche sugli esami di Stato e sulla valutazione degli studenti.
I problemi sono quelli di sempre, con piccole variazioni legate a questa o quella decisione o circolare ministeriale.
Quest’anno molte delle polemiche sono centrate sul fatto che la seconda prova d’esame non sarà nazionale ma sarà decisa dalle singole commissioni con il risultato che si può ben immaginare sugli esiti della valutazione finale.
Per la verità, anche con prove uguali da Trieste a Trapani, la valutazione uniforme non è affatto garantita come mostrano da anni gli esiti degli esami di Stato che divergono da quelli dei test Invalsi.
D’altra parte la letteratura scientifica sull’argomento ha dimostrato da tempo che lo stesso compito può ottenere valutazioni diverse da correttori diversi: e questo vale non solo per prove come un testo scritto ma anche per un problema matematico.
Forse, però, il tema più difficile da affrontare e da risolvere è ancora un altro: come far “recuperare” agli studenti i loro deficit di apprendimento?
Il nostro sistema scolastico offre poche possibilità: ci sono i corsi di recupero che però spesso sono di breve durata e non consentono comunque agli studenti di raggiungere obiettivi e standard adeguati.
In molti casi, quindi, si ricorre alla bocciatura che – soprattutto nei soggetti più fragili – ha come risultato quello di allontanarli dalla scuola facendo così aumentare i tassi dell’abbandono scolastico.
Il fatto è che gli spazi offerti dal Regolamento della autonomia (DPR 275 del 1999) sono piuttosto modesti e non consentono una soluzione radicale del problema che potrebbe essere quella di promuovere lo studente in alcune materie e di bocciarlo in altre.
Ma qualche tentativo si può fare, come propongono, per esempio le scuole della rete di Avanguardie educative, uno dei numerosi progetti che si realizzando grazie anche alla consulenza dei ricercatori dell’Indire.
“Allo scopo di affrontare il problema della demotivazione degli studenti e del loro insuccesso scolastico – spiegano le scuole della rete – la proposta prevede che tutte le discipline per le quali il giovane ha comunque conseguito un giudizio di sufficienza vengano registrate come «credito formativo» nel suo curriculum. L’anno successivo, in caso di ripetenza, il Consiglio di Classe prenderà atto, nella sua prima seduta, degli eventuali risultati positivi raggiunti, nonostante l’esito globale negativo, e li registrerà come punto di partenza della costruzione del curriculum e degli impegni da proporre allo studente. Il Consiglio di Classe potrà decidere anche di esonerare lo studente dalla frequenza delle lezioni di alcune discipline, una volta verificato il mantenimento del credito acquisito”.
Insomma, “sulla carta” qualche possibilità c’è, ma forse ci vorrebbe un intervento del Ministero che solleciti in qualche modo le scuole a sperimentare nuovi percorsi formativi che possano davvero servire a ridurre l’insuccesso scolastico degli studenti.
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