Personale

Esami in presenza, cioè: armiamoci… e partite!

La ministra Azzolina, già durante il “question time” alla Camera, ha praticamente ufficializzato la decisione di fare svolgere gli esami in presenza affermando, come riporta un articolo pubblicato su questa testata, che la “sessione avrà inizio il 17 giugno, con lo svolgimento di colloqui, della durata massima di un’ora, in presenza, (…) solo nel caso in cui le condizioni epidemiologiche e le disposizioni delle autorità competenti lo richiedano, se del caso applicando il principio di differenziazione ed adeguatezza, i lavori delle commissioni e le prove d’esame potranno svolgersi in videoconferenza o con altra modalità telematica sincrona”.

A parte che il Ministero è tenuto a chiarire bene cosa intenda per “principio di differenziazione ed adeguatezza” (immagino svolgere da qualche parte gli esami di Stato in presenza e in altri a distanza) e a quale “autorità competente” eventualmente spetterebbe decidere una deroga visto che i criteri dello svolgimento dell’esame fondamentalmente sono unici a livello nazionale (non si vorrebbe assistere a decisioni di singole amministrazioni locali o regionali), la ministra naturalmente sa che per il ruolo che ricopre si prende e si prenderà tutte le responsabilità della decisione di far svolgere l’esame in presenza (e non saranno una “copertura” le valutazioni del Comitato tecnico scientifico da lei nominato, né il richiamarsi continuamente alle disposizioni delle autorità competenti: quali? Quelle sanitarie si erano espresse e quasi tutte in direzione opposta alla sua, e comunque tutte improntate alla massima prudenza, che significa “inutile rischiare”), una decisione peraltro presa ancor prima dell’incontro fissato repentinamente dal M.I. con i sindacati per il 7 maggio (dopo che le organizzazioni sindacali più rappresentative si erano schierate compatte contro l’esame in presenza soprattutto in mancanza di un protocollo di sicurezza che al momento non c’è).

Per decidere ufficialmente non era più corretto attendere che almeno si formalizzasse il Protocollo di sicurezza insieme ai sindacati?

Ora non so se per protagonismo, per impulsività, o per il persistere di un rapporto alquanto “difficile” con i sindacati, la ministra ha anticipato anche le decisioni del confronto di domani (o almeno così pensavano i leader dei sindacati del comparto Scuola, invece l’incontro è solo per ratificare e illustrare quanto già ampiamente deciso): ciò che effetto sortirà tra i sindacati? Si mostreranno un po’ arrabbiati e poi definendo nuovamente inaccettabile il suo comportamento se ne torneranno a casa? O nel loro ruolo di rappresentanti dei lavoratori decideranno che così non va e che i docenti meritano più rispetto (soprattutto dopo mesi che con dedizione si sono cimentati, anche al di fuori del contratto, volontariamente per senso di responsabilità – ma l’etica e il buonsenso di cui la ministra spesso parla devono averla solo e sempre gli insegnanti? – verso gli alunni, e il ringraziamento è premiarli mandandoli a rischiare un esame di “maturità” che avrebbe avuto, come abbiamo già scritto in un precedente articolo, la stessa “serietà” in presenza oppure on line!) ? Oppure i sindacati faranno finta di non aver sentito e usciranno dall’incontro di domani con un protocollo sicurezza che vale il tempo che trova (perché non si possono obiettivamente avere garanzie sanitarie complete in un contesto simile, che oltre alla presenza a scuola in spazi spesso non adeguati comporta spostamenti con mezzi pubblici) e lo sventoleranno come vanto di essere stati ascoltati dal Ministero? Anche loro, seppure in modo diverso, dovranno prendersi le loro responsabilità.

A nulla è servita la perplessità degli stessi presidi e la contrarietà di associazioni, docenti, famiglie e maggioranza degli alunni

Una decisione quella di far sostenere l’esame in presenza, nonostante la contrarietà dei presidi perplessi per i rischi connessi anche all’aspetto organizzativo, di associazioni professionali e gruppi facebook come Scuola bene comune e Partigiani della scuola pubblica, ed anche recenti come Maturità 2020 on line, nonché di docenti e famiglie, ma del parere di queste due ultime componenti il M.I. sembra non preoccuparsi più di tanto, mentre afferma che gli studenti li vogliono fare in presenza, eppure da un sondaggio di Skuola.net emerge che la maggior parte li vorrebbero on line.

A questo punto ritengo utile mettere a confronto le ragioni di chi preferirebbe esami di “maturità” a distanza e quelle espresse da chi li vuole in presenza, e poi lascio il giudizio a lei ministro e a tutti i cittadini.

Le motivazioni di chi propende per un esame a distanza

Chi ritiene rischioso effettuare gli esami di Stato conclusivi del percorso delle scuole secondarie di II grado mette in rilievo gli avvertimenti e gli indiscutibili inviti alla prudenza di medici ed eminenti virologi, ricordando tra l’altro che per recarsi a scuola soprattutto gli studenti ma anche tantissimi insegnanti utilizzano mezzi pubblici (tra l’altro essendone l’uso limitato nel numero di accessi, quando dovrebbero mettersi in fila per essere sicuri di potervi salire ad un orario che consenta, soprattutto ai pendolari, di arrivare puntuali a scuola? Alle 5 del mattino, per evitare di non poter salire sulle corse successive – ammesso che per chi proviene da certi paesi i collegamenti mattutini non si limitino ad uno soltanto – e poi magari bivaccare sino alle 8 davanti alla scuola?) rischiando in prima persona ma al momento del rientro a casa facendo correre incredibili rischi anche ai propri familiari, tra cui spesso persone anziane!

E questo dovrebbe bastare, ma se non basta ecco una serie di problematiche organizzative: controllo della temperatura all’ingresso della scuola (tutti in fila a due, meglio tre, metri di distanza l’uno dall’altro) con termoscanner (serve a poco, solo se si rileva lo stato febbrile, ma purtroppo come si sa non si tratta di un sintomo sempre presente in chi ha contratto il virus), esami sierologici di tutti i soggetti coinvolti (docenti, studenti, personale Ata) e peraltro è bene chiarire che quelli “rapidi”, cioè con una semplice goccia di sangue (punturina sul dito, dolorino? Ma dai, per il “sapore dell’esame”, una “occasione unica”, si sopporta pure quello, tanto non è che poi al colloquio si deve tenere la penna in mano!) stabiliscono soltanto se la persona ha sviluppato anticorpi, per dosare la quantità di anticorpi prodotti dall’organismo serve invece un prelievo. In pratica con i test sierologici (che comunque andrebbero fatti ogni giorno per i docenti e il personale presente a scuola) si va alla ricerca delle immunoglobuline, ma in caso di infezione per essere prodotti tali anticorpi passa circa una settimana (per le IgM che vengono prodotte prima rispetto alle IgG, ma queste persistono maggiormente nel tempo, dopo la scomparsa delle IgM) e quindi …il soggetto potrebbe essere “positivo” da pochi giorni e non si saprebbe‼ Quindi il test sierologico non può sostituire come affidabilità il tampone rino-faringeo. E allora ogni giorno tamponi a tutti quelli che sono a scuola? Ve lo immaginate? E quando arriverebbero i risultati tenuto conto che persino molti ospedali dichiarano di non disporre dei reagenti necessari per verificare l’esito del tampone?! Considerando il grandissimo e diffuso rischio dei soggetti asintomatici, si facciano due conti e ci si passi la mano sulla coscienza.

Oltre al rischio sanitario, valutare la necessità di una serie di strumenti e interventi di protezione nonché i problemi organizzativi

Non basta ancora? E allora aggiungiamoci la necessità di dotare ogni giorno docenti, alunni, personale ausiliario, tecnico e amministrativo di mascherine di protezione passiva e attiva (e sarebbero opportuni, utilissimi e aggiungo necessari anche schermi di protezione facciale, in alternativa installazione di postazioni in plexiglass nell’aula degli esami, meglio se entrambi: schermi di protezione facciale e lastre in plexiglass) nonché guanti chirurgici. In caso di malfunzionamento o di usura occorre prevedere anche dispositivi di protezione individuale (mascherine, schermi e guanti) di riserva, i quali dispositivi, insieme a fazzoletti usa e getta dovranno poi essere raccolti e smaltiti come rifiuti biologici.

Naturalmente ci dovrà essere una sanificazione (con utilizzo di prodotti specifici, qui non si parla di semplice straccio e sapone) preventiva e quotidiana di tutti gli ambienti scolastici in cui transitano coloro che sono impegnati negli esami, nonché di attrezzature e strumenti che vengono usati o anche semplicemente toccati. E poi sufficiente dotazione di detergente a base alcolica a disposizione in punti strategici a partire dall’ingresso dell’istituto scolastico e naturalmente nei bagni (dove nelle scuole, in tempi “normali” generalmente non c’è neppure… la carta igienica!).

Poi ricordiamo le distanze da rispettare: una distanza di sicurezza di circa 2 metri (ma sarebbe meglio tre) fra i docenti e una distanza di circa 5 metri rispetto all’alunno che deve sostenere l’esame, cioè valutando che i sei docenti più il presidente di commissione saranno allineati (o in semicerchio) su circa 14 metri, chi deve sostenere l’esame sarebbe distante ben più dei 5 metri rispetto ad esempio agli insegnanti collocati alle due estremità. E ancora più distante (non si sa dove) ci sarebbe anche il testimone ammesso alla seduta d’esame. Quindi, a parte la evidente difficoltà di comunicazione (tra l’altro con mascherine di protezione, probabilmente solo al ragazzo esaminato verrà consentito di toglierla, perché parlare per quasi un’ora con la mascherina sarebbe pazzesco, ma ciò comporta ulteriori rischi), che solo un extraterrestre non riuscirebbe a cogliere (forse!), occorrerà individuare ambienti ampi al fine di consentire il distanziamento necessario, tenendo anche conto di garantire un’adeguata ventilazione, dato che sarà necessario tenere spenti i “condizionatori” per il raffreddamento (ammesso che le aule ne siano provviste) per evitare il possibile pericolosissimo ricircolo del virus nell’aria. E si provi a immaginare il caldo che c’è nelle aule (o anche nelle palestre nella seconda metà di giugno o addirittura a luglio, considerando anche l’uso delle protezioni, mascherine in primo luogo): quanti si sentiranno male o avranno comunque problemi respiratori? Anche in questo caso solo un incosciente non se ne rende conto.

L’Inail si è espresso sul problema degli ultra cinquantacinquenni

Da evidenziare anche che i membri della commissione con età superiore ai 55 anni vanno considerati soggetti particolarmente a rischio, come da indicazioni dell’Inail che ha rilevato la possibile condizione per dichiararli inabili temporanei al servizio in caso di esame in presenza. Qualcuno se ne infischia anche delle preoccupazioni espresse dall’Inail? Sperando, peraltro, che a tutti i componenti della commissione, anche a quelli che hanno un’età inferiore ai 55 anni, sia consentito di effettuare la riunione preliminare e le operazioni finali a distanza, in videoconferenza.

A proposito di sicurezza occorre sottolineare come i dirigenti scolastici abbiano poi l’onere di verificare il rispetto delle direttive della legge n. 81/2008 (Testo unico in materia di salute e sicurezza nei posti di lavoro) e l’idoneità dei locali, cosa che in una fase di rischio sanitario come questo non è semplicissima.

E non si parli evidentemente di differenziazioni a livello regionale a seconda delle situazioni sanitarie, data l’unitarietà dell’esame a livello nazionale (tra l’altro, e questo vale per tutti i settori, il rischio è ugualmente molto alto anche dove il fenomeno per fortuna è stato per il momento contenuto e non si può rischiare sulla salute dei singoli cittadini in base… agli eventuali posti disponibili nei reparti di terapia intensiva!).

In caso di contagio si bloccano tutte le commissioni presenti nella scuola. E quanto costerà …far rischiare alunni e personale?

Infine, ma è un dato su cui non ci si può esimere dal riflettere (certo capisco che non sempre è facile per qualcuno che reputa una “occasione unica” o un “rito di passaggio” l’esame di maturità‼) che nel caso si verifichi una “positività” di un alunno o di un esaminatore, si bloccherebbe non solo l’esame dell’intera classe ma anche il lavoro di tutte le commissioni presenti in quella scuola perché occorrerebbe mettere in quarantena i componenti delle varie commissioni (i quali potrebbero comunque essere venuti a contatto indirettamente con il “positivo”), il personale Ata presente, oltre agli alunni!

E tutto questo mettendo bene in evidenza, come da me scritto in un altro articolo, che le scuole non sono attività produttive, non sono fabbriche, aziende (con buona pace di Confìndustria e soci), non producono Pil, non è una priorità riaprirle adesso (tanto meno per un esame e visto che per tre mesi si è andati avanti con la didattica a distanza!) inserendole nella cosiddetta fase2 o fase3 che sarà.

Ce la fanno il ministro Azzolina, il suo staff di collaboratori, la viceministra Ascani, grazie magari alle “folgoranti” intuizioni della task force, a garantire tutto ciò? Se sì, complimenti. E i sindacati sono convinti che le misure di sicurezza elencate siano adeguate o le ritengono “esagerate” per tutelare lavoratori e studenti, figli di altri lavoratori (o magari di disoccupati), e pensano siano applicabili?

Le motivazioni di chi propende per un esame in presenza

A fronte di tante considerazioni, articolate, fondate su dati scientifici e sanitari, su riflessioni di ordine economico (quale costo avrà un esame in presenza che per sicurezza, strumenti, sanificazione non può essere organizzato “al risparmio”?) e sociale (oltre che di normale buonsenso) a favore degli esami a distanza (in videoconferenza), vediamo ora quali sono le ragioni di chi vuole gli esami in presenza.

“Occasione unica”, “sapore dell’esame”, “rito di passaggio”.

… … No, no, non si è “cancellata” la pagina successiva, neppure il capoverso successivo, neppure la frase successiva, le ragioni espresse sono quelle: la prima da uno scrittore, sembrerebbe di talento, non so se faccia tendenza ma certamente ha fatto breccia nel cuore della ministra che prima di tale “illuminante” dichiarazione dello scrittore in questione, Paolo Giordano, sembrava più cauta e propensa a sentire i virologi più che le “muse”, la seconda ragione pronunciata propria dalla ministra Azzolina. La terza ragione altamente “scientifica”, il “rito di passaggio” dal mondo adolescenziale a quello adulto, l’hanno ripresa in diversi e a me farebbe in realtà pensare a certi “riti di passaggio” che per fortuna non si usano più, in voga soprattutto fra le classi di un buon livello sociale, quando i giovani erano condotti (magari dal padre “premuroso”) in certi posti per quello che anche allora (toh, che coincidenza) si era usi chiamare “rito di passaggio” dall’età adolescenziale all’età adulta! Certo, tale accostamento è ben lungi da coloro che hanno evidenziato l’assoluta importanza del “rito di passaggio”, ci mancherebbe!

In realtà ci sono altre due motivazioni, la prima per compattare, almeno sulla scuola, un governo che mostra crepe al suo interno, la seconda è avvalorare attraverso la scuola, che però come detto non è un’azienda, che la fase2 o fase3 funziona, ma questi aspetti, insieme ad altri, li riprenderemo prossimamente, perché le esigenze del web… non si accordano facilmente con la lunghezza degli articoli.

Andrea Toscano

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