In un articolo pubblicato ieri abbiamo evidenziato molte “problematicità” del Protocollo di sicurezza in vista degli esami di Stato in presenza, manifestato perplessità sulle misure decise (soprattutto su quelle omesse) e riservato molte critiche al documento del Comitato tecnico scientifico.
Quando Renzi tirò fuori l’idea dell’esame in presenza (insieme a tanti altri, che, dopo mesi di didattica a distanza, sostennero la necessità di fare gli esami di maturità in presenza giustificando ciò con motivazioni altamente scientifiche e didattiche come il “sapore dell’esame”, “un’occasione unica”, il “rito di passaggio”!) almeno disse che si poteva fare usando precauzioni come termoscanner (peraltro si rileva lo stato febbrile ma purtroppo come si sa questo non è un sintomo sempre presente in chi ha contratto il virus, a parte il problema più grande che è quello dei “positivi” asintomatici, spesso proprio i giovani) ed esami sierologici (i quali comunque non sono “decisivi” per sapere se il soggetto in quel momento è positivo, servirebbe un tampone rino-faringeo, ma almeno offrono la possibilità di vedere se qualcuno è entrato in contatto con il virus, a meno che l’infezione sia troppo recente ed allora l’organismo non ha ancora sviluppato gli anticorpi, le immunoglobuline), ma il protocollo sicurezza (oltre a scrivere che “non è necessario l’uso dei guanti”: magari durante la prova d’esame potrebbero effettivamente essere inutili o persino dannosi se si usano gli stessi utilizzati prima, ma per tutte le altre operazioni un ricambio di guanti è assolutamente opportuno) esclude invece persino l’utilizzo dei termoscanner per misurare la temperatura corporea all’ingresso a scuola del personale e degli alunni che devono sostenere la prova d’esame (Renzi protesti adesso, si faccia sentire, dica che in queste condizioni l’esame in presenza non offre quegli accertamenti che lui stesso aveva proposto: Matteo, preferisci tacere?).
E come ho evidenziato nel suddetto articolo di ieri, nel documento del Comitato nominato il 21 aprile dal ministro Azzolina è detto in modo perentorio: “All’ingresso della scuola non è necessaria la rilevazione della temperatura corporea”. E allora, eccola lì l’autocertificazione (chiamata “autodichiarazione” nell’allegato al documento del Comitato) in cui riscontro un passaggio che costringerebbe il personale scolastico (e gli studenti maggiorenni o i genitori, se alunni minorenni) a sottoscrivere (“sotto la propria responsabilità” riporta il testo) qualcosa che non rientra nelle loro conoscenze mediche (“di non presentare sintomatologia respiratoria in data odierna e nei tre giorni precedenti”) e di non avere “febbre superiore a 37,5° C”: e che ne sanno se al momento in cui si entra a scuola la temperatura corporea è inferiore ai 37,5 gradi o magari è 37,6? Ma qualcuno ha voglia di scherzare? Tra l’altro, se poi al soggetto che ha firmato venisse controllata la temperatura e risultasse pari o superiore a 37,5 avrebbe dichiarato… il falso‼ Quella “autodichiarazione” va contestata e secondo me non va firmata per l’impossibilità di essere certi di ciò che si sta firmando.
Un lettore ha sottolineato su un social che “autocertificare il proprio stato di salute” rappresenta una opportunità utilizzata affinché “in caso di contagio dirigenti e Ministero se ne lavano le mani”. Beh, forse (magari l’intenzione è proprio una forma di “deresponsabilizzazione”, in questo caso comunque non certamente ascrivibile ai Ds, che pure hanno la responsabilità della sicurezza e della salute sul posto di lavoro secondo quanto disposto dal D.L.vo n. 81/2008, con le modifiche apportate dal D.L.vo n. 106/2009), ma non sarei tanto sicuro che eventualmente un giudice la pensi così sull’effettiva mancanza di responsabilità di chi ha organizzato in tale maniera un esame in presenza.
Una ipotesi su come finirà? Aggiungeranno nella voce relativa alle dichiarazioni del personale e dello studente qualcosa del tipo “per quanto a sua conoscenza”. Quindi inutile sollevare il caso? No, perché sarebbe comunque una vittoria (e peraltro anche formalmente una cosa ben diversa da quella dell’attuale modello) dimostrare che i cittadini devono essere trattati con “doverosa cura”.
E a proposito di “mettere le mani avanti”, che dire della convenzione stipulata dal M.I. con la Croce Rossa Italiana, nella parte in cui all’art. 2 si parla della “realizzazione di incontri in presenza e on-line per la formazione del personale scolastico in materia sanitaria a livello regionale e provinciale”? Così da poter dire che i lavoratori (personale scolastico) sono stati informati su rischi e conseguenti comportamenti. E che importa se si “costringono” i docenti e probabilmente gli Ata a fare incontri in presenza (altro rischio, peraltro con personale sanitario che potrebbe essere stato impegnato in attività operative), quando sono sospese tutte le attività collegiali in presenza (si auspicherebbe una certa coerenza con quanto stabilito da loro stessi).
Forse il personale scolastico farebbe bene a rifiutare qualsiasi incontro in presenza (dovrebbero dirlo i sindacati, è un po’ strano che lo debba ipotizzare un giornalista), ma comunque il contratto di lavoro prevede per i commissari d’esame l’obbligo ministeriale – o da parte di un Usr a cui si demanda il compito di potere richiedere tali attività: perché poi c’è sempre una delega finale ad altri! – di partecipare a corsi con la Croce Rossa? E a questo non arrivo a rispondere, lo volessero fare di grazia le organizzazioni sindacali sarebbe gradito dai docenti (alcuni, tra l’altro, anche iscritti a tali organizzazioni). Tanto per quello che è il protocollo sicurezza stilato dal Comitato tecnico scientifico (Cts) nominato dalla ministra, cosa dovrebbero spiegare? Come indossare la mascherina chirurgica e come leggere le segnaletica di “ingresso” e “uscita” dall’edificio che ospita gli esami?
La Croce Rossa invece va benissimo come assistenza a scuola durante gli esami in presenza, anche perché… non si sa mai (speriamo di no).
A proposito di “mettere le mani avanti” va ricordato quanto dichiarato, come leggo su questa testata, dalla ministra Azzolina riguardo l’Ordinanza sull’esame conclusivo del secondo ciclo di istruzione: è prevista una sorta di “clausola di salvaguardia, che ci permetterà, laddove dovesse cambiare la situazione sanitaria o laddove già oggi fosse un po’ incerta, di fare l’esame a distanza. Saranno i dirigenti preposti agli Usr ad attivare gli esami di stato in modalità telematica”. A parte che l’eventuale dispiacere di privare del “sapore dell’esame” alcuni alunni sarebbe immagino un “duro colpo” per la ministra e per i sostenitori del “rito di passaggio”, ciò vorrebbe dire che un qualsiasi Usr potrebbe decidere cosa fare? No, per fortuna la cosa è un po’ più articolata (dato che di base un esame di Stato dovrebbe essere uniforme per tutti i candidati) perché nell’art. 31 dell’ordinanza si spiega che ciò può avvenire “sulla base dei monitoraggi svolti dalle Regioni e dalle Province autonome e dei correlati provvedimenti”. Quindi c’è un’autorità superiore agli Usr che potrebbe decidere, ma immaginiamo che anche tali autorità “politiche” dovranno prendere decisioni sulla base di precise indicazioni di autorità sanitarie o della Protezione civile, quindi in prossimità degli stessi esami, non “laddove già oggi la situazione fosse un po’ incerta”, come ha detto Lucia Azzolina, perché altrimenti “già oggi” decidi – saggiamente – di far eseguire a tutti l’esame on line: si chiama infatti esame di Stato, se no si chiamava esame di regione o esame comunale (poi di fronte all’emergenza è chiaro che si può decidere di derogare e in zone che denotassero particolari rischi è naturale che il colloquio venga svolto on line, come sarebbe stato auspicabile per tutti).
Peraltro sul fatto di organizzare l’esame di maturità in presenza ho letto su facebook un commento, probabilmente di un docente, che riassumeva così la situazione: “su scuola secondaria di primo grado: niente esami in presenza. Università: nessuna discussione di tesi in presenza. Scuola secondaria di secondo grado: esami in presenza. Quale sarebbe il criterio scelto?”.
Altro capitolo spinoso che i sindacati dovrebbero sottolineare (a partire dall’incontro che alcune sigle sindacali avranno in videoconferenza oggi, 18 maggio, con l’Amministrazione, rappresentata innanzitutto dalla ministra Lucia Azzolina) è la faccenda legata agli incontri in presenza delle commissioni d’esame, compresa la riunione plenaria del 15 giugno, giorno in cui si insediano appunto le varie commissioni. Nel documento del Cts non è segnalato alcun intervento per consentire almeno on line le riunioni previste tra i vari componenti della commissione, neppure, come appena scritto, per quella preliminare da svolgere non in 7 (i sei commissari più il presidente) ma in 13 perché accanto al presidente sono convocate insieme le due sottocommissioni (grazie ministra, grazie comitato, da parte dei docenti, come supplemento di premio all’esame in presenza dopo mesi di Dad fatta con dedizione encomiabile). Se proprio insistono per fare anche la riunione preliminare in presenza almeno si facciano due turni: prima si riunisce una commissione e poi l’altra (anche perché se i docenti hanno l’obbligo della mascherina come faranno a parlare durante le riunioni facendosi ben sentire da chi sarà seduto abbastanza lontano, almeno si spera). Se si facessero due riunioni dispiace ovviamente per il presidente, ma almeno si evita anche lui di stare in 13 in un’aula di non so quanti metri quadri (poi se uno… è superstizioso, beh, almeno si chiami ad assistere un passante per non essere proprio in 13 “a tavola”, pardon: al tavolo, “si ride per non piangere”, come suole dirsi).
Ma a tal proposito ci pare interessante far notare che il Dpcm di ieri (che poi è ovviamente firmato dal Capo del governo!) chiarisce al punto “q” dell’art. 1 che “Al fine di mantenere il distanziamento sociale, è da escludersi qualsiasi altra forma di aggregazione alternativa” ed inoltre che “Sono sospese le riunioni degli organi collegiali in presenza delle istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado”, organi collegiali che nel caso dei Consigli di classe sarebbero comunque costituiti, generalmente, da meno delle 13 persone che si intendono (impietosamente‼) fare riunire in presenza nella riunione plenaria che raduna insieme due commissioni.
Sindacati, spunti di riflessione penso ce ne siano abbastanza (a parte il documento del Comitato riguardante il protocollo sicurezza…), vedete un po’ voi.
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