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Esami terza media e insegnanti di religione: il Miur chiarisca

Sarebbe davvero ora che il MIUR chiarisse una volta per tutte il ruolo degli insegnanti di religione durante gli esami di terza media (secondaria inferiore).

La novità è apparsa durante gli esami del 2018 creando inimmaginabili problemi organizzativi. Teniamo presente che gli insegnanti di religione, avendo un’ora di lezione settimanale per classe, per completare l’orario di cattedra hanno bisogno di 18 classi, quindi la loro cattedra è spesso frazionata su più scuole. Il MIUR ha presente cosa vuol dire organizzare scrutini ed esami garantendo la presenza di insegnanti che operano su più scuole? Già il problema si presenta con gli insegnanti di motoria, arte, musica e tecnica, che anche per loro l’orario di cattedra è spesso frazionato su più scuole. L’anno scorso le scuole sono impazzite per trovare la quadratura del calendario esami e quest’anno si presenta il medesimo problema.

Riprendendo l’articolo di Alessandro Giuliani apparso su Tecnica della Scuola il 10 giugno 2019, ci si chiede davvero a cosa serve la presenza degli insegnanti di religione, visto che la loro valutazione risulta ininfluente sul voto finale e che questa presenza crea solo grossi problemi organizzativi.

I colleghi di religione poi, avendo 18 classi, devono presenziare a tutti gli scrutini ed esami e non mi sembra siano molto contenti di questo impegno supplementare.

La motivazione del MIUR è che il Consiglio di Classe deve essere al completo (perfetto), ma non si capisce perché, in uno stato che dovrebbe essere laico, la valutazione di un alunno debba dipendere anche dal giudizio espresso da un insegnante di Religione Cattolica, che implica anche motivazioni di ordine etico spesso discutibili.

Capisco che siamo in Italia e col Vaticano esiste un concordato che obbliga lo Stato Italiano a garantire l’insegnamento opzionale della Religione Cattolica in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Gli insegnanti di religione, indicati dalle Curie, sono però pagati dallo Stato (cioè anche dai cittadini non credenti e da quelli di altre religioni).

La costituzione dice chiaramente che non esiste una “religione di stato”, quindi non si capisce perché favorire in questo modo la Religione Cattolica.

Cosa succederebbe se in futuro aumentassero gli alunni di altre religioni e chiedessero allo Stato Italiano l’insegnamento di queste religioni con le stesse modalità e dignità di quella Cattolica?

 

Carlo Alberto Bacilieri

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