Nel decreto legge 19 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 2 marzo è contenuta una disposizione che farà certamente discutere.
Gli esiti delle prove Invalsi, infatti, entreranno a far parte in qualche modo del curriculum dello studente allegato al diploma finale rilasciato al termine del secondo ciclo di istruzione.
Il curriculum è strutturato in diverse parti.
La prima parte contiene tutte le informazioni relative al percorso di studi, al titolo di studio conseguito, ad eventuali altri titoli posseduti, ad altre esperienze svolte in ambito formale
Una seconda parte riguarda le certificazioni di tipo linguistico, informatico o di altro genere
L’ultima sezione serve per descrivere le altre attività extrascolastiche nelle quali lo studente si è impegnato: possono essere attività in ambito professionale, sportivo, musicale, culturale e artistico, di cittadinanza attiva e di volontariato.
D’ora in poi, se la norma inserita nell’articolo 14 del decreto non verrà cancellata in sede di conversione in legge, ci sarà anche un’altra sezione.
Ecco cosa prevede il decreto: “In una specifica sezione sono indicati, in forma descrittiva, i livelli di apprendimento conseguiti nelle prove scritte a carattere nazionale di cui all’articolo 19 [si tratta appunto delle prove Invalsi, ndr], distintamente per ciascuna delle discipline oggetto di rilevazione e la certificazione sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese”.
La norma è tanto più sorprendente se si pensa che, in campagna elettorale, più di un esponente della attuale maggioranza di Governo era intervenuto per sottolineare l’inutilità delle prove se non addirittura dell’intero lavoro dell’Invalsi.
A Governo fatto avevamo anche raccolto il punto di vista della senatrice Bucalo (FdI) che qui riproponiamo.
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