Espulse da scuola perché portano il velo: la Corte dei diritti dell’uomo approva
Se la scuola non accetta che le studentesse portino il velo islamico in classe i giudici non possono intervenire perché questo non comporta nessuna violazione dei diritti individuali. Il principio è stato ribadito dai giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo, che lo scorso 4 dicembre hanno emesso una sentenza inequivocabile: “la limitazione del diritto dei richiedenti di esprimere il loro credo religioso – hanno spiegato – è nel preservare la laicità nelle scuole”.
Il ricorso era stato condotto da due studentesse francesi musulmane a seguito della loro espulsione da una scuola francese perché avevano rifiutato di rimuovere il loro velo durante le lezioni di ginnastica. I giudici transalpini hanno convalidato la decisione del Consiglio d’Istituto. Ora la Corte di Strasburgo spiega che se è vero che l’uso di simboli religiosi nelle scuole non è di per sé incompatibile con il principio di laicità, è altrettanto vero che le autorità devono garantire “con grande vigilanza” che la manifestazione delle convinzioni religiose in una scuola “non si trasformi in una ostentazione”, che sia fonte di “pressione e di esclusione”. La conclusione dei giudici europei è che quindi prevalga, in diatribe come queste, il riferimento all’istruzione di stampo laico: in sostanza, in presenza di chiari regolamenti, che tutelano questa esigenza, non vi sarebbe stata quindi da parte della scuola prima e delle autorità francesi dopo alcuna violazione dell’articolo 9, (diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione) della Convenzione europea sui diritti umani. Partendo da questo presupposto, ne consegue che l’espulsione delle due studentesse dall’istituto non può essere associata alla religione, che come sostengono i ricorrenti prevede l’uso abituale in tutti i luoghi pubblici del velo islamico, ma come risultato del loro “rifiuto di conformarsi alle norme applicate in classe” delle quali erano a conoscenza. E’ proprio il caso di dire: dura lex, sed lex.