Dell’argomento si occupa, nel corso di una intervista a Vita.it, Milena Santerini, esperta in educazione interculturale, formazione degli insegnanti, inclusione sociale, dialogo fra persone di religioni e culture diverse, a cominciare dalle aule scolastiche. Insegna Pedagogia alla Cattolica di Milano e ne dirige il Centro per la ricerca e le relazioni interculturale.
Convivere con la paura, dai fatti di Parigi in poi, “mi sembra ovvio, però dobbiamo continuare a coltivare il desiderio di esserne liberi. L’estremismo è una patologia che nasce dal fatto di avere gestito alcune situazioni internazionali in maniera molto poco orientata alla giustizia e alla solidarietà”.
“Intanto in questo momento è importantissimo evitare di sottolineare che i bambini musulmani sono “speciali”, di creare un noi e voi anche implicito. Questa è la prima cosa che direi. I bambini e i ragazzi musulmani nelle nostre classi non sono speciali, non sono un mondo contrapposto, sono la norma. Invece si rischia di fare anche involontariamente, sottolineando un’appartenenza, l’equazione terroristi uguale islam mentre vediamo tutti che l’Islam è anch’esso sotto attacco, soffre, è colpito, fra le vittime ci sono sempre anche musulmani”.
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“L’intercultura del cous cous non basta più”, spiega ancora l’esperta.
“Fino ad oggi abbiamo avuto una conoscenza non incarnata dell’islam, mentre in realtà se guardiamo ai bambini che abbiamo in classe capiamo subito che l’islam della Tunisia è estremamente diverso da quello dell’India o da quello dell’Albania. Quindi dobbiamo conoscere e conoscerci a partire dalle persone, tenendo conto delle specificità, in maniera empatica.
Ricordo che a Milano affrontammo il tema di alcune famiglie che facevano fare il ramadan a bambini delle prime classi delle elementari, le maestre lo ritenevano dannoso. La contrapposizione però è inutile, la chiave è il dialogo: chiamammo un imam autorevole, che spiegò alle famiglie che in effetti il digiuno per bambini così piccoli non era una buona cosa, le famiglie accettarono. Esiste un islam identitario e la scuola deve accorgersi per prima di segnali d’allarme, non può fermarsi alla porta della classe. Se un adolescente è affascinato dall’estremismo, la scuole deve accorgersene”.
Bisogna allora, dice Santerini, “smontare quei valori dandogliene altri, facendogli vedere che la società democratica non è debolezza. È la stesa cosa che facciamo nei progetti contro la ‘ndrangheta e la mafia. In più qui dobbiamo smontare il risentimento che loro nutrono nei confronti dell’Occidente di cui si sentono vittime”.
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