Gentilissimo signor Ministro, in qualità di docente con ben trentacinque anni di ruolo, sempre a fianco dei precari, in più responsabile sindacale di Adesso Scuola, le scrivo per sottoporle il problema della stabilizzazione degli insegnanti precari, che sono centinaia di migliaia in Italia.Provi per un attimo a capire la loro storia. Per anni sono stati ritenuti idonei a svolgere i compiti per gli incarichi ricevuti apprezzati anche dai dirigenti scolastici. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, certamente hanno raggiunto un livello di competenza sul campo, a contatto con i dirigenti, con le famiglie, con tutto il personale, soprattutto con gli alunni, che hanno seguito nella loro crescita curando la loro formazione, insegnando i contenuti delle discipline, inventandosi a volte anche mille strategie per raggiungere gli obiettivi programmati, attingendo a tutte le risorse personali, umane e culturali.
In questo periodo poi, come mai prima di adesso, sono sempre pronti ad intraprendere nuovi sentieri, a utilizzare e a garantire la didattica a distanza, con abilità probabilmente superiori a quelle di tanti docenti di ruolo che ahimè, (per una questione di età) spesso hanno trovato difficoltà nell’utilizzo delle nuove tecnologie.Ebbene, le chiedo: tutte queste competenze acquisite sul campo non valgono tanto da poter essere immessi in ruolo subito per tutto ciò che hanno fatto in questi anni a servizio dello Stato? Di quali competenze hanno, ulteriormente bisogno di documentare?
E’ vero che ci sono i concorsi ma si sono sempre fatti!! Anzi, i vecchi concorsi prevedevano una prova scritta da svolgere in otto ore. Ogni candidato aveva a disposizione un tempo sufficiente per attingere a tutto il sapere posseduto. L’ultimo concorso (del quale ancora non si conoscono i risultati) ha messo a dura prova i candidati con 5 quesiti da risolvere in 250 minuti, ognuno dei quali aveva la complessità di una traccia di “tema” di un esame di stato o di un tradizionale concorso.
Ci è sembrato un modo semplice per bocciare i precari! E in presenza di questa pandemia che ha colpito l’intero pianeta e la presenza delle varianti con quale lucidità o serenità un candidato può mai affrontare delle prove determinanti per la sua vita futura? E mi chiedo: se un candidato-precario sbaglierà delle risposte e sarà “bocciato”, a quel punto non è da considerarsi più un bravo docente? Sarà declassato? Che fine faranno tutte le sue competenze acquisite in classe? Successivamente, essendo stato bocciato, non dovrebbe più ricevere un incarico, perché ha dimostrato di non essere all’altezza del compito di insegnante che gli viene affidato.
E se pure diecimila o ventimila precari superano un concorso, che fine faranno gli altri duecento/trecentomila?Ha mai pensato che un concorso può solo danneggiare i precari? Le spieghiamo il perché: un precario è un docente che lavora, che insegna, che deve seguire gli alunni, deve preparare le lezioni, correggere le esercitazioni, partecipare alle riunioni.
Tutti questi impegni non lasciano tempo, né energie mentali per preparare un concorso, a differenza di un giovane che senza alcuna esperienza d’aula, ha tutto il tempo e le energie per preparare e vincere così un concorso a danno di chi, l’esperienza di docente l’ha fatto in aula giorno dopo giorno, anno dopo anno!
Gentilissimo signor Ministro, i precari, da vari anni nelle regioni del Nord, quasi tutti meridionali, a 1000 km da casa, con il desiderio di formarsi una loro famiglia, di sposarsi, di avere dei figli, comprano casa con tanti sacrifici perché i fitti sono salatissimi, stipulano mutui con le banche e… all’improvviso si ritrovano DISOCCUPATI o dovranno aspettare altri concorsi futuri nell’attesa dei quali lavoreranno sempre da precari dal futuro incerto. Nel frattempo però loro lavorano così, con la spada di Damocle in testa esercitando il loro ruolo sempre con molta professionalità.
Provi un po’ ad immaginare quanti pensieri, quante preoccupazioni che non li lasciano dormire la notte!!Quale futuro possono sperare di avere? Con quale serenità potranno mai affrontare il loro percorso di vita? Poi ci sorprendiamo che molti “cervelli” studiano in Italia e scappano all’estero a lavorare, arricchendo così con le loro competenze l’economia di altri paesi.
La cosa più conveniente che si possa fare oggi è quella di stabilizzare tutti i docenti precari che abbiano almeno 3 anni di servizio, con la consapevolezza che hanno dato un contributo di qualità alla crescita della scuola e del paese in questi anni.In altre categorie i lavoratori sono stati immessi in ruolo attraverso concorsi unicamente per titoli e servizi. È giusto che si faccia la stessa cosa con i precari della scuola.
Antonio D’Ascoli
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