Sappiamo bene come questo periodo storico sia contraddistinto da problemi di varia natura che investe la scuola italiana. L’aspetto della cultura di base, tipo grammatica, storia, matematica, geografia, ecc.., è senza dubbio fra i più dolenti, con gli studenti che presentano lacune non indifferenti. Lacune che portano l’opinione pubblica scontrarsi spesso, criticando le scelte del Governo che invece di investire meglio sulla formazione di base, pensa a progetti collaterali, lo smartphone in classe, ad esempio.
A tal proposito, riportiamo una riflessione interessante di Beppe Severgnini sul Corriere della Sera.it, in cui il giornalista analizza la preparazione degli alunni italiani su materie come storia e geografia: “Da almeno quindici anni gli studenti italiani venivano privati di informazioni quali: confini, capitali, città principali, pianure, montagne, fiumi, laghi, scrive Servergnini. Non so come sia accaduto, se sia colpa di programmi concentrati su aspetti socio-economici o di docenti incoscienti. Ma rimango traumatizzato quando capisco che un giovane laureato confonde l’oceano Indiano col Pacifico, ignora i confini della Germania e non sa indicare le regioni che s’attraversano per andare da Trieste a Trapani. Mio padre, classe 1917, a novantanove anni era in grado di rispondere. Non aveva Google Maps, ma era cresciuto con un atlante sul tavolo”.
Secondo Severgnini, le lacune in storia sono anche peggiori: partendo da un recente articolo di Gian Antonio Stella, in cui, alla luce dell’episodio della bandiera nazista appesa in caserma da un carabiniere fiorentino, si chiede se non sia il caso di tornare a studiare la storia, rivolgendosi al Ministro Fedeli, Severgnini rincara la dose e rilancia: “Mi associo, e aggiungo: di questo dovrebbe occuparsi un governo, non dello smartphone in classe. Un telefono, per quanto sofisticato, è uno strumento. Lo scopo resta quello di imparare”.
L’intervento di Severgnini ha senz’altro il merito di toccare i fili scoperti della scuola italiana. Mettendo in dubbio la “svolta tecnologica” del Ministero, ma allo stesso tempo, riconoscendo l’origine del problema ben prima della rivoluzione dello smartphone.
Questo discorso, a parere di chi scrive, può essere messo in relazione alla preparazione generale degli studenti italiani, che, come visto in precedenza, secondo l’ultimo Ocse, mostrano un ritardo, che rischia di farli restare fuori dal mercato del lavoro.
Posto che la disoccupazione non è certo direttamente connessa alla preparazione degli studenti, ma segue regole esterne all’istruzione, è bene ricordare che, per quanto sia giusto puntare il dito sulle conoscenze troppo teoriche già a partire dalla scuola, che deve in questo senso correggere ed innovarsi, allo stesso tempo, però, non bisogna sottovalutare la preparazione di base, ovvero le discipline tirate in ballo anche da Severgnini, perché non avrebbe alcun senso mirare ad una preparazione pratica e basata sulle competenze, se mancano i fondamentali della grammatica, della storia e della geografia.
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