“A volte e in alcuni luoghi, i siti dei media sono diventati luoghi di tossicità, incitamento all’odio e notizie false”: bisogna “contrastare la menzogna e la disinformazione”. Sono parole forti quelle pronunciate da Papa Francesco contro le fake news.
“L’uso dei media digitali, in particolare dei social media, sollevato un certo numero di gravi questioni etiche”, ha ribadito il Santo Padre in un messaggio al congresso mondiale di comunicatori cattolici di Seul.
Secondo Papa Francesco è diventata sempre più forte “la necessità di aiutare le persone, soprattutto i giovani, a sviluppare un senso critico, imparando a distinguere il vero dal falso, il giusto dall’errato, il bene dal male”.
Le parole del Papa si sposano con il secondo Rapporto annuale Censis-Ital Communications sulla buona comunicazione dell’emergenza quotidiana, pubblicato qualche giorno fa: dalla ricerca è emerso che il susseguirsi di emergenze imprevedibili genera una domanda di informazione generalizzata, ma anche il fatto che la comunicazione ha un ruolo fondamentale nella rappresentazione della realtà e i professionisti del settore sono essenziali per ridurre il rischio di fake news. Quindi, sostenendo proprio lo stesso concetto espresso dal Papa.
Dal rapporto risulta che il 97,3% degli italiani nell’ultimo anno ha cercato notizie su tutte le fonti disponibili, off e online.
In particolare, 41 milioni di italiani si sono informati sui media tradizionali. Nel biennio 2019-2021 gli utenti del web sono aumentati di 4,2 punti percentuali e sono l’83,5% della popolazione.
A fronte di tale esigenza, non corrisponde un’adeguata informazione. Perché l’83,4% dichiara che negli ultimi due anni si è imbattuto in notizie false sulla pandemia e il 66,1% in fake news sulla guerra. Notizie infondate o modificate per elevare, ad esempio sui social, il numero dei like.
La sensazione generale è che le fake news siano ormai dietro ogni angolo del web: il 64,2% degli intervistasti ritiene che durante l’emergenza sia stata privilegiata la spettacolarizzazione e la voglia di fare audience piuttosto che un’informazione tesa alla comprensione dei problemi.
Per difendersi da questa confusione informativa, il 45,5% degli italiani si rivolge a fonti informali di cui si fida di più, ma spesso è proprio in questi ambienti che si producono e diffondono notizie false attraverso post, like e condivisioni di massa.
La ricerca ha anche appurato che tra le persone di cui gli italiani si fidano, anche come fonti informative, ci sono gli influencer: il 38,1% segue le loro opinioni e analisi sulla guerra.
Anche i “professionisti” che guidano le aziende e le istituzioni nella comunicazione vengono reputati fondamentali per combattere fake news e disinformazione: nel 2021 in Italia sono attive 4.445 agenzie di comunicazione e pubbliche relazioni, al cui interno lavorano 8.290 professionisti, per una media di circa due addetti per ciascuna agenzia.
Secondo Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, “con il Covid prima, con la guerra poi, web e social sono entrati a pieno titolo all’interno dell’ecosistema dell’informazione, e ci resteranno anche nel futuro. I professionisti dell’informazione devono prenderne atto e cercare i modi per influenzare positivamente il web, che è e deve rimanere uno strumento di libertà e di democratizzazione”.
Giuseppe Moles, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria e all’informazione, ritiene che “l’informazione va difesa in quanto rappresenta un interesse nazionale, ma non va indirizzata. In tal senso, l’impegno del Governo è quello di sostenere l’intera filiera per rispondere alle sfide di un mondo che è profondamente cambiato. Si può contrastare la disinformazione solo attraverso la collaborazione di tutti gli attori del sistema a partire da famiglie, scuole e istituzioni“.
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