Ha lasciato il segno raid vandalico davanti la scuola Giovanni Falcone in via Pensabene, allo Zen a Palermo.
Sull’episodio, cui ha fatto seguito il rogo di un cartellone con una immagine del magistrato posto davanti ai cancelli della scuola Alcide De Gasperi sempre del capoluogo siciliano, è stata aperta un’indagine dalla Procura di Palermo.
Nel caso del busto tagliato e sfregiato, gli investigatori della Squadra Mobile di Palermo, scrive l’Ansa, “stanno cercando di comprendere come mai l’impianto di video sorveglianza non fosse in funzione. Fino al 2013 le telecamere avevano ridotto il numero delle intimidazioni subite dalla scuola, che dal 2009 erano state numerosissime”.
Intanto, Maria Giovanna Granata, dirigente scolastico della direzione didattica “De Gasperi” di Palermo, concede un’intervista alla stessa agenzia di stampa nazionale: dice di provare “desolazione, tristezza e sconforto, perché pensavamo che, in tutti anni di educazione alla legalità, avessimo inciso maggiormente nell’animo dei cittadini palermitani. Invece poi, ci rendiamo conto che c’è uno zoccolo duro che resiste e che un’arroganza mafiosa che è sempre lì e sempre pronta a colpire in tutti i modi”.
La preside sostiene che “è stato uno sfregio fatto ad arte perché non è stato toccato nessun altro disegno né pensierini di bambini. È rimasto tutto lì immacolato. L’unica cosa danneggiata l’immagine dei due giudici, bruciati i volti al centro. Peraltro – aggiunge – quel cartellone era lì dal 23 maggio e nessuno lo ha toccato. Ci sono state manifestazioni, partite di calcio, ma nessuno lo aveva danneggiato. Ieri mattina un collaboratore scolastico si è accorto e mi ha informato di quanto successo. Abbiamo presentato denuncia alla polizia”.
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“Noi intanto andremo a rimpiazzare l’immagine bruciata – continua la ds – e ne metteremo altre immagini dei giudici perché non sono soltanto delle immagini ma dei valori e dei simboli di riferimento. Il compito della scuola è quello di formare coscienze civili, di educare al rispetto e alla legalità, al rispetto del bello. Vogliamo anche dimostrare che non ci si ferma di fronte ad un’azione di questo genere. L’impatto mediatico in queste circostanze dispiace perché queste persone che compiono tali gesti cercano visibilità e di dimostrare al territorio che esistono anche loro”.
“E con questi gesti, nelle immediate vicinanze del ricordo della strage di via D’Amelio, forse vogliono dire che loro sono lì e che non è cambiato niente. Questo fa rabbia sia che si sia trattato di ragazzi che coltivano disvalori sia che si tratti, come ritengo più plausibile, di un gesto compiuto sotto la direzione di altri per rimarcare il controllo del territorio”, conclude la dirigente scolastica.
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