La vicenda della famiglia Mattson è quasi incredibile: padre e madre sono due professionisti finlandesi con 4 figli che, grazie al loro lavoro, possono spostarsi cercando di andare ad abitare in luoghi climaticamente e culturalmente attraenti.
Nell’agosto scorso – come racconta Siracusa News – si trasferiscono a Siracusa e iscrivono i loro figli a scuola.
Ma non passa molto tempo che si presentano i primi problemi, soprattutto per i due figli di 14 e 6 anni.
Loro cercano di “sopportare” la situazione e pensano che forse si tratti solo di ambientarsi, ma dopo un paio di mesi decidono di “fuggire” dalla Sicilia e di tornare in Spagna dove avevano già vissuto in precedenza.
E con una lettera aperta la signora Mattson spiega le ragioni della loro decisione.
Seduti tutto il giorno con piccole pause
Quando scopre che “la giornata scolastica si trascorre sulla stessa sedia dalla mattina fino a quando non si ritorna a casa” chiede ai figli: “Cioè non esistono pause dov’è permesso muoversi?”
“Solo piccole pause nella stessa classe” le rispondono i figli.
Ma lei scrive: “In Finlandia, gli studenti hanno una pausa di 15 minuti tra una lezione e l’altra, e lasciano l’aula per giocare insieme nel giardino/patio. Uno o due insegnanti li tengono d’occhio mentre sono fuori. La Finlandia si rende conto dei benefici di bambini che si muovono, giocano, urlano e corrono liberamente all’aperto per liberarsi delle energie in eccesso e prendere aria fresca, così da ottenere migliori risultati a scuola”.
E aggiunge ancora: “Un altro problema che ho notato: com’è possibile pensare che possano essere funzionali gli innumerevoli adulti che corrono a scuola ogni mattina e ogni pomeriggio? Il caos totale del traffico è pratico per le famiglie? In Finlandia i bambini (7-12 anni) vanno a scuola da soli; usano la bicicletta o vanno a piedi e se abitano a più di 5 km dalla scuola possono andare con il taxi/bus della scuola. Pranzano a scuola, poi tornano a casa da soli quando la giornata scolastica è finita. Volendo, il bambino può andare in un altro posto (come un club pomeridiano) fino a quando i genitori non lasciano il lavoro”.
Il parere di un ex provveditore
Dice Mario Maviglia, ex provveditore a Brescia: “Nulla di nuovo sotto il sole; ricordo il caso di una ragazzina finlandese (16 anni) che qualche anno fa aveva trascorso un anno in un liceo bresciano, e l’espressione più ricorrente per commentare la sua esperienza era: ‘It’s terrible!’ E si trattava di un liceo che ha anche buona fama nel territorio”.
“Le critiche che faceva la studentessa finlandese erano svariate:
– al mattino all’ingresso in aula sembrano tutti arrabbiati, a momenti neanche ti salutano;
– troppa competizione tra gli studenti;
– troppo lavoro individuale, non c’è lavoro di gruppo, non c’è cooperazione, ognuno bada a sé;
– troppi compiti a casa”.
Attenzione: sono critiche che riguardano il “clima” della scuola, forse – anziché accapigliarsi sul dibattito competenze/conoscenze, sulla utilità/inutilità dell’alternanza scuola lavoro e sui contenuti disciplinari forse sarebbe bene interrogarsi anche su altro.
In Finlandia le cose vanno diversamente rispetto a noi non solo perché investono di più sul sistema scolastico ma anche perché nelle loro scuole c’è un “clima” diverso.
Il punto di vista di una pedagogista
“Sono le neuroscienze a dare ragione alla madre finlandese” afferma Cinzia Mion ex dirigente scolastica, pedagogista e formatrice.
E aggiunge: “Noi oggi sappiamo che il movimento facilita l’apprendimento. Attraverso la tecnica del brain-mapping si è notato infatti che le aree del cervello coinvolte nelle attività scolastiche sono le stesse usate per il movimento (saltare, tirare la palla, ecc). Da ciò si evince che il movimento e il gioco libero favoriscono lo sviluppo delle connessioni neuronali”.
“Importanti – prosegue Mion – appaiono perciò le pause tra una lezione e l’altra all’interno delle quali favorire il gioco libero. Altrettanto rilevanti saranno inoltre anche le attività psicomotorie che non interrompono la continuità delle attività scolastiche ma inseriscono movimento e gioco all’interno di essa. Oggi più che mai, dopo i mesi di quarantena, teniamolo presente”.
Senza dimenticare il problema – finora risolto poco e male – della formazione dei docenti: “Un altro suggerimento va inoltrato alle Università che curano la formazione iniziale dei docenti : tenete presente la scissione quasi schizofrenica che purtroppo affligge il corpo docente italiano per cui un conto è la teoria e un conto è la pratica. Se tale scissione non verrà accuratamente presa in carico con un tirocinio lungo e significativo, tale da estirpare didattiche tradizionali subite nel proprio percorso scolastico, queste saranno destinate ad essere riprodotte all’infinito insieme alla rincorsa dei contenuti dei vecchi programmi, antecedenti alle Indicazioni e alle Linee guida. Provate a far rielaborare loro il lutto per la perdita del programma e per dover abbandonare il libro di testo considerato ancora come un breviario. La scuola oggi deve soprattutto insegnare a ‘pensare’ non solo a riprodurre il pensiero di altri”.