La Danimarca è considerata da oltre quarant’anni uno dei Paesi più felici al mondo. Il segreto principale sembra essere legato proprio all’educazione dei figli. Un bambino felice, sereno ed educato diventerà un adulto a sua volta felice ed in grado di crescere un figlio ugualmente felice: è un circolo virtuoso, in grado di ripetersi di generazione in generazione.
A raccontare da alcuni anni i segreti del metodo danese è la scrittrice americana Jessica Alexander, sposata da diversi con uomo danese, autrice del manuale “Il nuovo metodo danese per educare i bambini alla felicità a scuola e in famiglia“.
In un articolo scritto per D.IT, la donna ha spiegato i segreti dell’approccio culturale del metodo ormai consolidato da anni.
Uno degli aspetti particolarmente rilevanti del metodo è l’approccio innovativo nei confronti del bullismo. Con il progetto “Liberi dal bullismo”, i danesi sono riusciti negli ultimi dieci anni a passare dal 25 al 7% dei ragazzi coinvolti in questo fenomeno.
La novità che ha permesso tali risultati è l’approccio culturale completamente diverso al fenomeno, dove il bullismo è visto come conseguenza di una minor tolleranza e come effetto delle dinamiche del gruppo, non come una responsabilità individuale, come invece interpretata negli altri Paesi, Italia compresa.
In sostanza, i danesi sono convinti che non esistono bambini cattivi, ma tali fenomeni ci sono a causa di dinamiche di gruppo sbagliate.
Per questo motivo, gli insegnanti, educati a gestire tale nuovo approccio al fenomeno, lavorano molto per aiutare gli studenti ad inserirsi nel miglior modo possibile nel gruppo di riferimento: “Una volta che l’allievo che veniva emarginato comincia a sentirsi accettato, smette di comportarsi male”, ha detto la dottoressa Helle Baktoft, esperta di bullismo.
Secondo gli esperti in materia, dunque, ogni essere umano ha la necessità di sentirsi parte integrante di un gruppo, di una comunità. Un aspetto che può provocare diversamente una “ansia sociale”, cioè la paura di non piacere, di non essere scelti.
Uno dei metodi per monitorare le “dinamiche di gruppo” è il “sondaggio della felicità”, in cui viene chiesto al bambino in prima battuta il suo grado di felicità in una scala da 1 a 10, cosa gli piace fare nel proprio tempo libero, se gli piace andare a scuola e con chi preferiscono passare il momento di gioco. La seconda parte del sondaggio tende ad andare più in dettaglio chiedendo come è il rapporto con i compagni, se il bambino ritiene che ci siano comportamenti dei propri compagni di cui essere dispiaciuti e se qualche compagno di classe si sente escluso dal gruppo.
I dati raccolti vengono inseriti, quindi, in un sociogramma in grado di rappresentare graficamente le dinamiche di gruppo, individuando in questo modo dettagli fondamentali per l’analisi come ad esempio lo studente più popolare da quello più emarginato e così via. Una fotografia puntuale della classe su cui poter lavorare per migliorare i processi di gruppo.
Altro passaggio importante del metodo danese è l’introduzione nella didattica di un’ora settimanale impiegata per migliorare le dinamiche di classe, momenti in cui gli studenti imparano a raccontarsi ed ascoltarsi a vicenda, a diventare in sostanza empatici.
Insegnare la tolleranza e l’appartenenza ad un gruppo fa diminuire il bullismo ed aumenta inoltre i livelli complessivi di felicità.
Secondo la scrittrice “è una sensazione devastante quella che si prova nel sentirsi esclusi dagli altri”,. Avere degli amici per i bambini non è un lusso, bensì un aspetto fondamentale per crescere e stare bene.
Perché non provare questo metodo anche nelle scuole italiane e nelle squadre sportive di ragazzi dove le dinamiche di gruppo sono fondamentali?
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