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Far tornare il rispetto delle regole a scuola è una questione sacrosanta

CobasCobas

Far tornare il rispetto delle regole a scuola è ormai una questione sacrosanta. Dare del “Lei” ad un insegnante, alzarsi in piedi al suo ingresso in aula e tornare ad indossare il grembiule quale divisa distintiva sono tutte proposte belle e condivisibili.

Tuttavia per fare in modo che queste buone maniere tornino a funzionare a dovere c’è bisogno di un grande lavoro educativo a monte. E questo prezioso lavoro educativo per funzionare bene nelle aule scolastiche deve essere prima compiuto in FAMIGLIA.

Se all’interno del nucleo familiare i genitori non dicono al proprio figlio: “Quando saluti un insegnante devi dare del Lei e non del Voi o addirittura del Tu perché si tratta prima di un docente e poi di una persona adulta” il bambino o l’adolescente da solo non lo farà mai se non gli è stato precedentemente detto in famiglia. Se il genitore non dice al figlio: “Quando entra una docente in classe devi alzarti in piedi perché si tratta di una forma di rispetto verso l’adulto”, il figlio da solo non lo farà mai. Quindi iniziassero prima i genitori ad impartire ai propri figli le regole basilari dell’educazione e a seguire gli insegnanti completeranno questo processo educativo in quanto i docenti sono anche coeducatori. Purtroppo se l’insegnante viene lasciato solo senza il supporto della famiglia come può impartire le regole di comportamento in classe?

Insomma, senza farla lunga ci vuole la stretta collaborazione della famiglia. E, purtroppo, torniamo sempre allo stesso punto di partenza. Tutto parte dalla famiglia prima cellula della società.

Dalla scuola dell’infanzia alle superiori arrivano alunni che sono sempre meno scolarizzati e i docenti devono faticare le fatidiche “sette camicie” per impartire dal primo giorno di scuola in tutti i gradi dell’istruzione le regole prioritarie della buona educazione per sopperire alle mancanze educative di quei genitori che non sanno più educare e delegano totalmente alla scuola questo processo.

Mario Bocola

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