Chi avesse pensato che il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, si sarebbe presentato senza scorta di polizia e auto blu al Convegno: “Formazione e professionalità degli insegnanti al centro della scuola che cambia”, che si è tenuto questo pomeriggio, 13 marzo, a Catania presso l’Aula magna del Liceo Turrisi Colonna, dove anche la Casa Editrice La Tecnica della Scuola partecipava, si deve ricredere.
E non perché le rottamazioni si siano confermate un consueto annuncio, ma per il più ragionevole fatto che ad attendere Faraone erano in tanti, come ha dimostrato il pienone dell’aula magna della scuola, dove si era pure appostato un manipolo di precari della GaE col cartello: “non uno di meno”. Ma c’era pure il Gotha dell’istruzione locale: dalla direttrice dell’Usr, Altomonte al rettore dell’Università, Pignataro, al delegato alla cultura del sindaco Bianco, mentre la preside, Anna Maria Di Falco, ha organizzato le cose per bene, compresa una suggestiva apertura dei lavori al suono degli allievi del nuovo Liceo musicale.
Sicuramente però l’attesa era tutta riservata per lui, per il sottosegretario che, manco a dirlo, ha regolarmente fatto l’apologia della scuola che dalla sua viva voce, acuta e chiara, è diventata “ottima”, eccellente e l’unica possibile, dopo anni di smarrimento (e su questo punto ha ragione), di vergognoso precariato (e i precari delle GaE hanno alzato il cartello), di mancate riforme e soprattutto di mancato ascolto delle esigenze, non solo degli alunni, ma anche e soprattutto degli inseganti.
In pratica il suo intervento, che aveva il titolo: “La riforma al via: effetti su formazione e carriera degli insegnanti”, è stato un inno alle riforme, un’ode, in versi sciolti, alla politica del premier Renzi. Punto per punto ha illustrato come sarà la scuola del prossimo futuro, comprese le possibili e democratiche modifiche che il Disegno di legge è suscettibile di portare con sé. L’ascolto, ha ribadito il Sottosegretario, è sempre aperto anche se al Parlamento spetta comunque l’ultima parola. Ed ecco il motivo del trasbordo del più veloce decreto nel più lento ma sicuro disegno di legge.
E allora parte la scelta dei docenti da parte del dirigente: un fatto momentaneo e di breve durata nel corso della sistemazione dei 100mila precari; la valutazione? Solo il preside, il preside sindaco perché avrà una squadra al suo fianco, ne sarà oggetto, mentre la democrazia non vuole misure né misurare, ma solo aiutare i più deboli: scatti di anzianità allora com’è nella Pubblica amministrazione.
E poi formazione e reclutamento (parola brutta spiega Faraone perché richiama la guerra) rigoroso e certo sull’effettivo fabbisogno di ogni singola scuola. E infine pure il rapporto con le imprese contro i quali c’è stato sempre, manco a ridirlo, il “pregiudizio ideologico”: perché stupirsi se danno una mano alle scuole? Perché non prevedere una più europea alternanza?
E sarà pure come dice il sottosegretario, ma tra le sue parole ne abbiamo avvertite tante il cui suono ci ha riportato alle già trascorse “stagioni” dei suoi predecessori, ad Aprea e a Gelmini, mentre ricordavamo il libro di Mario Alighiero Manacorda: “Per la riforma della scuola secondaria. La ricerca dei comunisti per una soluzione razionale e unitaria della crisi della scuola”.
Era edito dagli Editori riuniti ed era il 1976. Ma quelli erano i tempi del Pci e allora il pregiudizio ideologico era una bandiera.