Il sottosegretario Davide Faraone rilancia l’idea espressa nel corso di un’intervista alla Stampa, sull’utilizzo a scuola degli smartphone.
Nella stessa giornata in cui è apparsa l’intervista sulla carta stampata, il “renziano” ha ribadito il concetto nel corso della trasmissione “Melog”, su Radio 24: “si tratta solo di prendere atto della realtà e trasformare uno strumento concepito solo come qualcosa da proibire in uno strumento utile per la didattica. Molto presto quasi tutte le scuole italiane saranno cablate e se saranno cablate dovremo dotare gli studenti di strumenti che probabilmente già hanno, per poter sviluppare una didattica orizzontale nell’utilizzo del digitale”, ha spiegato Faraone.
Per poi aggiungere che “il tema non è l’ora di informatica: il tema è prevedere un uso del digitale nella didattica abbastanza normale, come già accade nella vita quotidiana di ragazzi e ragazze. Il divieto assoluto dell’uso dello smartphone in classe in vigore dal 2007, come ogni atteggiamento luddista, è oggi fuori dal tempo. Ovviamente l’utilizzo dello smartphone non vuol dire stare al telefono o mandare messaggini”.
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Ma proprio siccome l’utilizzo principale dello smartphone non è quello di comunicare con queste modalità, allora non sarebbe meglio utilizzare a scuola degli strumenti diversi? Di questo avviso è Gianluigi Dotti, insegnante in un istituto superiore a Brescia e responsabile centro studi della Gilda. Che bolla l’idea di Faraone come “una proposta estemporanea”.
“Dallo scorso novembre – dice il docente all’Ansa – nella mia scuola abbiamo deciso di far consegnare i cellulari dai ragazzi quando entrano, perchè altrimenti è impossibile lavorare. Altra cosa è usare i pc, o le lavagne multimediali, o i laboratori informatici. Gli smartphone no, perchè gli studenti lo usano per tutt’altro che non un utilizzo corretto”.
“D’altronde – conclude Dotti – le ultime indagini Ocse smentiscono la tesi che l’uso della tecnologia sia direttamente proporzionale all’acquisizione delle competenze da parte degli studenti. E anzi invitano a tornare a integrare le tecnologie con il libro e gli altri strumenti ‘antichi'”.
Il dibattito rimane quindi aperto. Soprattutto perché tanti anche altri docenti la pensano come il professor Dotti.
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