Scrive il Piaget: “la reale comprensione di una nozione, o di una teoria, implica la reinvenzione di questa teoria da parte dei soggetti… Naturalmente ciò non significa che l’insegnante non abbia più alcun ruolo da coprire, ma che il suo compito è meno quello di una persona che dà “lezione” quanto piuttosto quello di una persona che organizza situazioni che destano la curiosità e la voglia del fanciullo di ricercare la soluzione, e che favorisce un tale comportamento per mezzo di dispositivi appropriati”.
In questa organizzazione di situazioni che destano la curiosità nello studente rientrano anche i compiti a casa? Alcuni studi scientifici rivelano che i compiti a casa fanno male, infatti, secondo queste teorie studiare nell’ambiente domestico non aiuterebbe ad apprendere le nozioni, attivando solo la memoria a breve termine e creando quindi una conoscenza “usa e getta”.
Pagine da studiare, esercizi di matematica, temi e disegni non fanno altro che creare stress e tensione, senza portare nessun beneficio al bambino.
A tal riguardo esiste già da tempo un movimento “Basta compiti”, animato da un preside di Genova, che sostiene la necessità di una svolta radicale: i compiti a casa sono visti come una “pratica inutile e dannosa“, e la petizione lanciata dal gruppo è già arrivata a quota 32mila firme.
Ci sono insegnanti e presidi che, a intervalli regolari, invitano i professori a non strafare. Altri addetti ai lavori invece sono convinti che nella ricerca del metodo di studio per sé più congeniale, ogni studente deve imparare ad alternare il lavoro condiviso svolto in classe con momenti di apprendimento autonomo.
I compiti a casa favoriscono questa seconda pratica.
Da tempo, la ricerca ha poi messo in evidenza come le interruzioni (più o meno lunghe) delle attività scolastiche comportino un decadimento dei livelli di apprendimento (learning decay/skills deterioration).
Alcuni studi quantificano quello dopo le vacanze estive in media nell’equivalente di un mese di scuola.
L’arretramento non colpisce allo stesso modo tutti gli studenti e ogni tipo di competenza: cresce al crescere del grado scolastico (perché nozioni, saperi e metodi diventano via via più complessi); è più accentuato in matematica; colpisce maggiormente chi ha profili di competenza più fragili (perché è più facile preservare il proprio livello di competenza quando è già elevato) e chi ha un retroterra familiare meno avvantaggiato (perché solitamente meno esposto a stimoli educativi in ambiente domestico).
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