La protesta dei docenti per gli stipendi fermi, anzi che arretrano, non si ferma alla scuola: anche i professori universitari sono in fibrillazione e preparano iniziative clamorose.
Nel giorno della denuncia dell’Ocse, che relega i nostri docenti all’ultimo posto per quanto riguarda l’andamento del decennio 2005 – 2014 dopo la malridotta Grecia, cui hanno fatto seguito le proteste di Mdp (che si appella alla Costituzione) e dei sindacati, come l’Anief (“l’unica cura per i docenti italiani è dargli più soldi a fine mese. Il resto, sono palliativi”), il malcontento si allarga inaspettatamente al mondo accademico.
Ad innescarlo è il Movimento per la dignità della docenza universitaria, che attraverso una lettera firmata da oltre 5mila professori e ricercatori di 79 atenei ed enti di ricerca, ha annunciato uno sciopero dagli esami nella sessione autunnale dell’anno accademico.
Si tratta, hanno specificato gli stessi organizzatori della protesta, della sessione successiva alla pausa estiva: quella che va dal 28 agosto e al 31 ottobre prossimi.
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I prof chiedono, quindi, che gli scatti in busta paga “bloccati nel quinquennio 2011-2015, vengano sbloccati a partire dal primo gennaio del 2015, anziché, come è attualmente, dal primo gennaio 2016”, ma anche che “il quadriennio 2011-2014 sia riconosciuto ai fini giuridici, con conseguenti effetti economici solo a partire dallo sblocco delle classi e degli scatti dal primo gennaio 2015”.
Certamente, va ricordato che un docente universitario guadagna molto di più di un insegnante di scuola: i primi, infatti, quando si tratta di “associati” percepiscono cifre vicine a quelle di un dirigente scolastico; i prof “ordinari”, invece, viaggiano su cifre decisamente superiori. Negli ultimi anni, tuttavia, il blocco degli scatti e la scarsità di progetti ha reso decisamente stabili le loro buste paga. Da qui, la protesta che sfocerà nel “boicottaggio” degli esami.
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