Categorie: Personale

Fare l’insegnante stressa, soprattutto se si è donna

Ancora un’indagine sui docenti che dà un responso in antitesi rispetto a quello stereotipato dei lavoratori fortunati e con tre mesi di ferie l’anno. A realizzarla è stato Vittorio Lodolo D’Oria, medico ematologo, autore di diversi studi sul bornout a tra i massimi studiosi di patologie psichiatriche e di prevenzione di rischi alla salute degli insegnanti: il medico ha raccolto i pareri, tramite questionari, di 5.264 incontrati negli ultimi due anni durante oltre 50 seminari svolti in 13 regioni.
Ebbene, dalla ricerca è emerso che il 73% dei docenti interpellati si sente stressato per motivi propriamente lavorativi: Lodolo D’Oria ha constatato che a causare questo malessere sono, nell’ordine, gli studenti (26%); i loro genitori (20%); i colleghi (20%); il dirigente scolastico (2%). No di poco conto è anche il dato che quasi un terzo del campione (28% del totale) dichiara di aver avuto a che fare col mobbing: il 22% ritiene di averlo subito in passato; il 5% crede di essere stato verosimilmente “mobbizzato”; l’1% si considera attualmente vittima di mobbing.
Ci sembra che si tratti di percentuali importanti: se infatti si allargassero ai grandi numeri del personale che opera nella Penisola, oltre 800.000 insegnanti, ne coinvolgerebbe almeno mezzo milione. Considerando che il personale insegnante della scuola italiana è di gran lunga composto da donne (oltre l’80%, con la punta massima all’infanzia dove il sesso maschile è composta solo dallo 0,5% di maestri), la cui età media è attorno ai 50 anni, il medico desume che tra le docenti i rischi di incorrere in malattie depressive o neoplastiche (in particolare il tumore mammario) sia molto più alto rispetto ad altri generi di professioni. Tanto che, secondo, Lodolo D’Oria, il Governo italiano farebbe bene a ritornare sui proprio passi a proposito della decisione di equiparare a 65 anni, dal gennaio 2012, l’età di eccesso alla pensione di vecchiaia delle donne a quella degli uomini.
Ma a i primi a non rendersi conto dei rischi sarebbero proprio i diretti interessati. “Se nello studio – spiega il medico – il 56% dei docenti riconosceva che la menopausa accresce la predisposizione della donna alla depressione, solo il 41% conosce l’entità del rischio che quintuplica rispetto all’età fertile. E dall’indagine risulta che solo il 60% delle donne in età esegue regolarmente gli screening oncologici”.
Ad aggravare la situazione vi è anche il cambio dei rapporti sociali. Mentre, infatti, una volta la famiglia faceva da ‘cuscinetto’ per compensare le tensioni accumulate al lavoro, oggi questa funzione non è più ottemperata allo stesso modo: ” la famiglia, quale punto di riferimento per la società e per lo stesso insegnante, diviene sempre più debole: se ne formano di meno, con pochi figli e sempre più instabili. Anche questa circostanza concorre verosimilmente a indurre un atteggiamento fortemente improntato all’ansia in oltre metà dei docenti”.
La famiglia, quella dei propri studenti, diventa però determinante nel vanificare il proprio lavoro: sempre dallo studio risulta, infatti, che per gli stessi prof intervistati la scuola è all’ultimo posto come fattore incidente sull’educazione e la personalità dei giovani. Hanno decisamente più appeal i genitori (84%). Seguono, a debita distanza, le  influenze delle tecnologie (12%) e delle amicizie (3%). Solo all’ultimo posto la scuola (1%). “Se la graduatoria – ha commentato il medico autore dello studio – risulta lusinghiera per la famiglia, che invero attraversa tempi difficili, è deprimente per la scuola, ove gli stessi docenti si considerano scavalcati, come impatto e forza educativa nei confronti dei giovani, relegandosi all’ultimo posto in graduatoria. Interpretato come livello di autostima del corpo docente, il dato percentuale osservato non può essere certamente definito incoraggiante”.
Alessandro Giuliani

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