A partire dall’anno scolastico 2008-2009 il voto di condotta concorre, unitamente alla valutazione degli apprendimenti, alla valutazione complessiva (Decreto Ministeriale n. 5 del 16 gennaio 2009). L’occasione non poteva sfuggire! Usare il voto di condotta (oltreché quello di Educazione Fisica, ed Educazione Civica) come jolly per sistemare la media! Sembra, come riferiscono molti docenti, che far accedere l’alunno alla fascia di credito superiore, in sede di scrutinio finale, sia diventato un obiettivo elitario di molti consigli di classe. Qual è la finalità di questo modus operandi? La risposta è molto semplice: predisporre la media del triennio affinché il futuro candidato agli esami di maturità possa avere il massimo credito possibile. Del resto, diplomarsi con 100 o con 100 e lode rimane una grande soddisfazione sia per il neodiplomato che per la sua famiglia. E questo fa apprezzare l’Istituzione scolastica che lo permette!
Se tutto questo fosse il risultato di un quinquennio di impegno costante e di reali competenze possedute sarebbe una naturale e logica conseguenza, ed il momento andrebbe vissuto con reale gioia. Ma non sempre è così. Anzi il numero così elevato di diplomati con voti altissimi, che non corrispondono alle reali competenze possedute, ci informa che ci deve essere qualcosa di profondamente sbagliato nella prassi valutativa di certe Istituzioni scolastiche. In alcune classi non solo si giunge allo scrutinio con voti, presentati dai docenti, ipertrofici ma, per giunta, si utilizzano le materie jolly per far levitare ulteriormente la media! Utilizzare il voto di condotta per comporre la media di tutti i voti è, di fatto, un grosso errore. Tale utilizzo, poiché trascende di fatto, da quello che è il reale comportamento del discente è da abrogare! il Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 62 all’art. 1 comma 3 specifica le finalità del voto di condotta: “La valutazione del comportamento si riferisce allo sviluppo delle competenze di cittadinanza. Lo Statuto delle studentesse e degli studenti, il Patto educativo di corresponsabilità e i regolamenti approvati dalle istituzioni ne costituiscono i riferimenti essenziali.”
Nello stabilire il voto di condotta dell’alunno non vanno quindi considerati altri elementi di valutazione non espressamente indicati dalla normativa. Si evince poi che la valutazione del comportamento passa anche attraverso la valutazione in Educazione Civica. La valutazione in Educazione Civica quantifica l’acquisizione di reali competenze e conoscenze, soprattutto se associata allo studio del Diritto, e ha, per tale motivo, piena motivazione per partecipare alla determinazione della media finale. Il corretto comportamento all’interno della comunità scolastica rappresenta poi la condizione indispensabile per l’avanzamento del processo formativo del singolo e della collettività.
Il comportarsi correttamente diventa quindi una necessità improcrastinabile e, di conseguenza, un obbligo da parte del singolo componente della comunità scolastica sia esso alunno, docente, dirigente o personale ausiliario e tecnico. La “misurazione” del livello comportamentale realizzata con il voto in condotta assume quindi il significato di indicatore dell’accettabilità o meno del comportamento assunto. Qualora, infatti, tale livello scende oltremodo e diventa inaccettabile scatta la sanzione disciplinare che può consistere anche nell’allontanamento temporaneo dello studente dalla comunità scolastica per periodi superiori a quindici giorni. In ogni caso lo scopo del provvedimento è correttivo ed educativo e non valutativo delle competenze disciplinari possedute.
Si tratta di cose distinte e separate! In situazioni di comportamento gravissimo il già citato DM n. 5 del 2009 prevede poi anche la “non ammissione automatica” dell’alunno alla classe successiva con una valutazione in condotta inferiore a 6/10. In questo caso si tratta di dare un segnale forte, per casi gravissimi in grado di ledere la dignità del singolo e della collettività, allungando necessariamente il percorso formativo del discente. L’attuale forma di accertamento collegiale del raggiungimento degli obiettivi formativi in Educazione Civica sta prestando il fianco ad uno svilimento del valore di tale disciplina.
La valutazione fatta dal singolo docente è spesso estremamente superficiale e ottimista (col placet degli alunni!) e quasi priva di significato formativo. Mentre la valutazione collegiale, basata sulla media delle singole valutazioni, viene spesso modificata ad hoc, come già visto. A mio avviso urge una modifica della normativa vigente al fine di disancorare il voto di condotta dalla media complessiva e introdurre ufficialmente la disciplina Diritto in tutte le scuole, affidando alla stessa il compito di valutare gli aspetti relativi all’Educazione Civica, pur ricadendo su tutti gli educatori l’obbligo di formare civilmente.
Giuseppe D’Angelo
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