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Fausto Coppi, un uomo solo al comando: moriva 64 anni fa una leggenda dello sport italiano

“Un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste: il suo nome è Fausto Coppi”: iniziò con queste parole di Mario Ferretti, rimaste nella storia del ciclismo, la radiocronaca della Cuneo-Pinerolo del Giro d’Italia del 1949.
Fu la tappa che consacrò definitivamente Fausto Coppi, il “campionissimo” passato alla storia anche con l’appellativo de “l’airone” per l’agilità e la leggerezza con la cui si arrampicava sulle salite più incredibili che, a suoi tempi, si snodavano spesso su strade sterrate e sulle quali era facile forare.

La sua vita fu difficile e avventurosa così come la sua morte, avvenuta esattamente 64 anni fa in un letto di ospedale a causa di una malaria non diagnosticata contratta poche settimane prima durante un viaggio in Africa.
Parlare di Coppi significa anche ricordare le vicende più recenti del nostro Paese che ben potrebbero figurare anche nelle antologie e nei libri di storia in uso nelle scuole: siamo certi che potrebbero fornire materiale interessante per la conoscenza della nostre istituzioni e dello sviluppo della vita sociale.

Le straordinarie imprese dell’ “airone” sono talmente note che è quasi inutile riparlarne, ma vale la pena ricordare che fu proprio lui,  nel 1949, il primo corridore a vincere nello stesso anno Giro d’Italia e Tour de France (doppietta replicata tre anni dopo).
Imprese spesso contrassegnate da scontri epici con il grande rivale Gino Bartali: al 1952 (seconda vittoria al Tour) risale la storica foto di Bartali e Coppi con loro due che salgono sul durissimo colle del Galibier, nelle Alpi della Savoia, e una borraccia che passa di mano (e ancora non si sa se fu Coppi a passarla a Bartali o viceversa).

Ma Coppi fu anche un grande passista che riuscì ad aggiudicarsi molte gare in linea, tra cui 3 Milano-Sanremo quando però la classica di primavera non si correva stancamente fino al Poggio, la salita che i corridori affrontano prima del “tuffo” finale sul rettilineo finale.
Nel 1946, dopo una lunga fuga di più di 200 chilometri iniziata ben prima del passo del Turchino, a Sanremo il campionissimo si presentò con 14 minuti sul primo inseguitore, tanto che il telecronista Nicolò Carosio annunciò la vittoria con le parole: “Primo Fausto Coppi… e in attesa degli altri concorrenti trasmettiamo musica da ballo”.
La vittoria si ripetè nel 1948 e nel 1949 anche se con distacchi di “soli” 4-5 minuti.
Ma già nel 1942, in una Milano sotto attacco dei bombardieri inglesi, Coppi era già sceso nella pista del velodromo Vigorelli per tentare, con successo, il record dell’ora che rimase suo fino al 1956.

La sua vita fu segnata anche da vicende che oggi appaiono del tutto incredibili.
Nel 1948 aveva conosciuto Giulia Occhini, moglie di un medico varesino suo grande tifoso.
Nel 1954 la coppia andò a vivere insieme; Coppi si era separato consensualmente mentre il marito della Occhini, soprannominata la “dama bianca” dai tifosi, la denunciò per adulterio.
Nel settembre di quell’anno i carabinieri si presentarono nell’abitazione dei due: la Occhini, con tanto di foglio di via, venne mandata al domicilio coatto ad Ancona; a marzo si svolse il processo: Coppi venne condannato a due mesi di carcere per abbandono del tetto coniugale mentre Giulia Occhini, che nel frattempo era rimasta incinta, a tre mesi di reclusione.

Insomma, vicenda d’altri tempi, oggi impensabile, ma che fa parte della storia del nostro Paese, storia difficile e complessa che spesso si tende a dimenticare.

Reginaldo Palermo

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