C’è cautela nei giudizi per la nomina, inattesa, di Valeria Fedeli a capo dell’Istruzione nel nuovo Governo Gentiloni.
A prendere una posizione sostanzialmente favorevole all’incarico dell’esponente Pd, come abbiamo già scritto, è stata la Cisl Scuola. Mentre dalla Cgil, dove Fedeli ha militato in passato, per il momento non giungono pareri. E, forse, anche questa è una notzia.
Forti perplessità arrivano, invece, da alcuni componenti della sinistra estrema e del sindacalismo di base.
Secondo Luca Cangemi, responsabile nazionale scuola del Pci, “anche se sono state evitate le soluzioni più provocatorie verso il mondo della scuola della scuola, dell’università e della ricerca, come la Puglisi o addirittura la Boschi, la scelta del nuovo ministra dell’istruzione non ha nessuna caratteristica che possa fare pensare a una significativa inversione di rotta rispetto al disastro prodotto in questi anni”.
Secondo l’esponente del Pci, “viene riproposto complessivamente, con il governo Gentiloni, l’impianto del renzismo, che ha nella “buona scuola” uno dei suoi manifesti ideologici”. Ne consegue, conclude Cangemi, che “il mondo dell’istruzione e della ricerca, che ha manifestato un fortissimo impegno per il No nel referendum del 4 dicembre, deve riprendere la strada della mobilitazione per impedire che siano compiuti nuovi passi scellerati – a partire dalle deleghe della 107 e dalle scelte sull’università- e per aprire una pagina nuova”.
Dello stesso parere si dice Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas, secondo cui “il governo Gentiloni è una sfacciata fotocopia del precedente” e “neanche le batoste popolari insegnano niente a Renzi e ai suoi”.
Addirittura, secondo Bernocchi “la sostituzione della Giannini – che di certo non verrà rimpianta – con Valeria Fedeli è uno di quei casi in cui il detto “dalla padella alla brace” calza a pennello. Infatti, mentre la maggioranza dei docenti ed Ata guarda con sconforto e sconcerto alla definitiva affermazione della “scuola fabbrica”, con presidi padroni alla Marchionne, Renzi piazza al Miur una sua pasdaran, Valeria Fedeli, che, prima di divenire vicepresidente del Senato, era stata per dieci anni alla guida dei tessili della Cgil e che successivamente, per almeno quindici anni, si era occupata solamente di politica industriale liberista, cooperando con Bersani ed altri sull’esaltazione della competitività aziendale, e non occupandosi mai di scuola se non per condividere la sua subordinazione alle esigenze delle aziende liberiste, secondo le linee-guida della poi abortita riforma Berlinguer”.
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“Con questi precedenti – continua un Bernocchi davvero contrariato – temiamo che la 107 , con i suoi presidi onnipotenti, la grottesca Alternanza scuola-lavoro coatta, il ridicolo “bonus” distribuito ai più “fedeli” (appunto), l’umiliazione e l’espulsione di una moltitudine di precari, non verrà certo intaccata da pacate discussioni/contrattazioni al Miur, con una ministra che, agognando piuttosto ad occuparsi di competizione industriale, vedrà di buon occhio la mutazione delle scuole in fabbriche, con docenti ed Ata mutati in “operai flessibili” disposti ad ogni incombenza per aumentare la “produttività” dell’azienda-scuola e con al di sopra il suddetto preside simil-Marchionne”.
Anche per il portavoce dei Cobas, la nomina di Fedeli non porterà fine alle contestazioni. Perché sullo sfondo c’è la “farsesca “offerta” contrattuale (dopo 7 anni di blocco e di perdita salariale del 20%) di circa venti euro lordi medi di aumento mensile (in base non alle chiacchiere governative ma alle cifre effettivamente stanziate nella Legge di stabilità), con in più l’introduzione nel contratto di tutto il peggio della 107, crediamo che l’unico “contatto” efficace con la nuova ministra lo avremo solo portandogli sotto le finestre del Miur considerevoli cortei di docenti ed Ata, magari insieme a studenti e cittadini desiderosi di difendere e migliorare la scuola pubblica”.
Insomma, per i detrattori del “renzismo”, se il buongiorno si vede dal mattino, il cambio di poltrona al Miur non sembra portare grandi differenze rispetto al recente passato.
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