Mercoledì pomeriggio alla Camera, per il Question Time, è intervenuta la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli. L’esponente del governo Gentiloni ha risposto a due interrogazioni parlamentari
(Iniziative di competenza, anche di natura disciplinare, in relazione ad attività in materia di ius soli svolte da alcuni docenti in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione – n. 3-03304)
Interrogazione presentata dall’onorevole Invernizzi, Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini.
Come immaginavamo, la recentemente istituita Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione sarebbe servita per fare propaganda nelle scuole e sulla pelle dei nostri bambini per tutta una serie di iniziative, come, ad esempio, lo ius soli. Tanto è vero che nei giorni scorsi 4.500 docenti sono entrati in classe con un nastrino tricolore sugli abiti, 850 professori si sono lanciati in uno sciopero della fame e molti di loro hanno realizzato attività con gli alunni per parlare di migranti, profughi e del senso della proposta dello ius soli.
Secondo noi, tali argomenti non possono essere trattati nelle scuole, soprattutto quelle elementari. Chiediamo, pertanto, se e quali iniziative intenda assumere il suo Ministero per impedire che gli insegnanti utilizzino il proprio ruolo per propagandare una legge oggettivamente controversa.
Mi corre l’obbligo di evidenziare che è stato il Parlamento italiano, ad ampia maggioranza dei presenti, approvando la legge n. 45 del marzo 2016, a volere che il 3 ottobre fosse riconosciuta dalla Repubblica italiana la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, per conservare e rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita per sfuggire da guerre, persecuzioni e miseria.
Il Parlamento non ha scelto casualmente questa data, ma ha voluto commemorare il naufragio del 2013 a largo dell’isola di Lampedusa, che, provocando 366 vittime, ha rappresentato una delle più gravi catastrofi marittime del Mediterraneo.
A tal fine, la legge prevede che, in occasione del 3 ottobre, siano organizzate su tutto il territorio nazionale cerimonie, iniziative e incontri per sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto ai principi fondamentali di umanità, quali la solidarietà civile, il rispetto della dignità umana e il valore della vita di ciascun individuo, che sono presupposti dell’accoglienza e dell’integrazione.
È espressamente previsto che le istituzioni della Repubblica promuovono apposite iniziative nelle scuole di ogni ordine e grado, anche coordinandosi con le associazioni e con gli organismi operanti nel settore, al fine di sensibilizzare e formare i giovani sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza.
È pertanto in esecuzione e in ossequio a una legge dello Stato, voluta da questo Parlamento, che le istituzioni della Repubblica, unitamente alle scuole di ogni ordine e grado nell’ambito della loro autonomia, il 3 ottobre scorso hanno fatto non già propaganda pro immigrazione, bensì hanno ricordato le tante e troppe vittime della migrazione e hanno informato le giovani generazioni ai principi di solidarietà e tolleranza.
In particolare, presso la scuola secondaria di primo grado di Corneliano D’Alba è stato letto quel brano del libro di Alessandro Leogrande, La frontiera, dove si racconta del naufragio dei migranti avvenuto proprio il 3 ottobre 2013 presso Lampedusa.
Presso la scuola secondaria di primo grado “Don Milani-Colombo” di Genova è stato esposto uno striscione riportante una citazione testuale di Don Milani sul tema della fratellanza universale.
Personalmente, il 3 ottobre scorso ero a Lampedusa, a conclusione della quattro giorni di workshop, laboratori e confronto, che ha coinvolto duecento fra studentesse e studenti in arrivo da tutta Italia per partecipare alla fase finale del progetto “L’Europa inizia a Lampedusa”, promosso dal MIUR. Questi ragazze e ragazzi hanno testimoniato quanto le nuove generazioni vogliano un’Italia, un’Europa e un mondo che sappiano fare della diversità fonte di arricchimento in un mondo realmente inclusivo e di pace.
(Chiarimenti in merito a possibili modifiche della disciplina relativa all’utilizzo di telefoni cellulari e tablet durante le lezioni scolastiche – n. 3-03305)
In realtà, alla signora Ministro poniamo una serie di temi, dalla questione che riguarda il voto in condotta alla questione dei tutor, al percorso di istruzione secondaria superiore, ridotto da cinque a quattro anni, e poi cerchiamo anche di capire, perché non si è ben capito, il ruolo controverso che possono avere gli smartphone e i tablet nella vita quotidiana di uno studente, di un alunno, più o meno giovane, e capire anche se devono essere usati per insegnare e se devono stare in classe. Sono tanti i temi e aspetto le risposte.
Grazie, onorevole. È vero che negli ultimi mesi nella scuola italiana si stanno introducendo importanti cambiamenti, a mio parere tutti positivi. Lei ne cita solo alcuni, ma tutti si inseriscono nell’ambito di quelle novità sfidanti finalizzate a rendere la scuola un vero motore di cultura, di conoscenza e sapere, di libertà e di pari opportunità, nonché efficace veicolo di mobilità sociale.
Il giudizio sintetico sul comportamento in luogo del mero voto numerico rappresenta una novità necessaria per consentire alle famiglie di comprendere le ragioni sottese alla valutazione.
Sull’alternanza scuola-lavoro, è un’innovazione didattica importante, volta ad acquisire competenze trasversali e ad orientarsi con più consapevolezza verso un futuro di studio o lavoro.
Per elevare la qualità dei percorsi offerti e monitorare l’esperienza di studentesse e studenti con interventi fermi, in caso di situazioni che impediscano di fare un percorso che sia realmente formativo, stiamo per lanciare due strumenti importantissimi: la piattaforma di gestione dell’alternanza e la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza.
Abbiamo, inoltre, previsto, grazie ad un protocollo con Anpal, tutor esperti a disposizione delle scuole per condividere ulteriori miglioramenti con tutti gli attori in campo, a partire dai rappresentanti degli studenti, e organizzeremo anche, il 16 dicembre di quest’anno, gli stati generali dell’alternanza.
Come ho chiarito in varie occasioni, a fronte di numerose richieste di riduzione del percorso di istruzione secondaria superiore da cinque a quattro anni, abbiamo deciso di far partire una sperimentazione a livello nazionale, che riguarda cento classi di altrettante scuole, per proporre un unico modello sperimentale che approdi a risultati tecnicamente attendibili.
Al termine della sperimentazione – stiamo parlando del 2023 – i risultati saranno discussi con tutti i rappresentanti del mondo della scuola e della politica e, solo se la valutazione avrà avuto esito positivo, si potrà ragionare di una possibile riforma dei cicli.
Sull’edilizia scolastica devo sottolineare che come Paese stiamo facendo investimenti molto importanti, i dati parlano chiaro: non sono mai state stanziate tante risorse come in questi anni, con oltre 9 miliardi di euro per migliorare il patrimonio edilizio e rendere le scuole più sicure e gli ambienti di apprendimento più innovativi.
Poi, sull’uso infine dei device tecnologici in classe, compresi gli smartphone, osservo che si tratta di un tema che i cambiamenti sociali impongono all’attenzione del Ministero e che va analizzato nella giusta prospettiva, partendo dal presupposto che non si può pretendere di separare il mondo che le ragazze e ragazzi vivono al di fuori dalla scuola rispetto al mondo della scuola. Non può negarsi che i device tecnologici possono costituire un valido strumento per facilitare l’apprendimento, ove correttamente utilizzati. Si tratta infatti di una straordinaria opportunità, che però deve essere governata: se lasciamo un minore solo con un device in mano è possibile che non impari nulla e che si imbatta in fake news e, ancora peggio, diventi vittima di cyberbullismo. Se invece sono guidati da insegnanti preparati e da genitori consapevoli, le ragazze e i ragazzi possono utilizzare con spirito critico uno strumento potente qual è appunto Internet. Per questo è stata istituita una Commissione ministeriale con il compito di individuare le linee guida dell’utilizzo dei device in aula da parte delle ragazze e dei ragazzi, guidati dal docente e come nuovo strumento didattico. Inoltre, il Ministero sta incrementando le iniziative di educazione civica digitale per educare gli studenti a stare in rete in modo consapevole e sicuro.
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