“Vorrei che la parola gender uscisse dal nostro vocabolario in questa accezione minacciosa, e che tornassimo a parlare di uguaglianza tra donne e uomini”.
Lo scrive il ministro dell’Istruzione, Valeria Fadeli, in una lettera ad Avvenire, riferendosi alle “normative nazionali e internazionali sui diritti umani”, nell’intento di “diradare alcuni dubbi” relativi al suo sopposto schieramento sul tema. Una “etichetta” messagli addosso, a seguito del fatto che il nuovo responsabile del Miur è anche primo firmatario di un disegno di legge sulla parità di genere.
Fedeli però chiarisce: “non ho mai fatto riferimento a una supposta ‘teoria gender’, tanto meno a una ‘ideologia’, non solo perché il pensiero ideologico mi è strutturalmente estraneo, ma perché una simile ideologia, ammesso che esista, e non è mai stata d’ispirazione per l’operato mio, o del Parlamento o del governo”.
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Per Fedeli “non si tratta di abolire le differenze tra donne e uomini, ma di combattere le diseguaglianze. Non c’è nulla di naturale in stereotipi che escludono le donne dalla politica e dal mondo del lavoro. Non c’è nulla di naturale nel fatto che le ragazze siano descritte come inadatte agli studi scientifici, eppure questo stereotipo produce effetti reali: le ragazze si iscrivono troppo poco alle facoltà scientifiche”.
Nella lettera ad Avvenire, il ministro Fedeli parla anche della ‘Buona Scuola’, che “punta a rendere centrale l’educazione al rispetto e alla libertà dai pregiudizi, riconoscendo dignità a ogni persona, senza esclusioni, nell’uguaglianza di diritti e responsabilità per tutte e tutti. L’educazione alle pari opportunità, alla prevenzione della violenza, al contrasto delle discriminazioni, se ben intesa, non è destinata a produrre conflitti con le esigenze educative delle famiglie, perché – conclude il ministro – si tratta di iniziative che danno attuazione ai princìpi costituzionali”.
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