Sembra orientato al dialogo con i lavoratori il mandato del neo-ministro dell’Istruzione. E alle dimissioni, come vorrebbero le opposizioni, non ci pensa nemmeno.
È quanto emerge dalla prima uscita pubblica della senatrice, ora anche ministro, Valeria Fedeli, che non sembra voler rinnegare il suo passato all’interno della Cgil: parlando all’inaugurazione del Campus “Giubileo” della Lumsa, la titolare del Miur ha detto che “abbiamo molto bisogno, in questo tempo così frantumato e individuale, di condividere gli obiettivi a cui ciascuno porta la sua competenza per un progetto condiviso. Se non coinvolgi i soggetti interessati, difficilmente sono praticabili l’innovazione e il cambiamento“, ha aggiunto.
Fedeli, inoltre, si è impegnata ad affrontare le “responsabilità con umiltà e dedizione, mettendoci testa e cuore, pensando in particolare ai giovani e alle attese delle famiglie”.
Il neo-ministro sembra, almeno nelle premesse, volere agire sui fronti dove è mancato il Governo Renzi e il suo predecessore a viale Trastevere. Anche se a parole, le cose non sembrano andare in questo modo.
“Ho letto – rivela Fedeli – gli accurati dossier che mi sono stati presentati da chi mi ha preceduto. Lo voglio dire qui, pubblicamente: voglio ringraziare la ministra Stefania Giannini, a cui va davvero il mio ringraziamento per quanto ha fatto in questi due anni visibilmente intensi e operosi, e per lo spirito di collaborazione importante che ha avuto nel passaggio delle consegne”.
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Fedeli ha quindi elencato i punti che caratterizzeranno il suo mandato, senza però entrare nel merito: opererà in seno al Miur, per “innovare, coinvolgere senza escludere, procedere senza dividere, ascoltare, dialogare senza urlare e costruire una società che includa e rispetti il pluralismo“.
“Il mio tempo e le mie energie – ha aggiunto – a viale Trastevere sono per voi, per i professori, per i ricercatori, per gli insegnanti, per gli studenti e per le famiglie”.
In tema di istruzione aperta a tutti i ceti sociali, Fedeli ha tenuto a dire che “conoscenza e cultura non crescono se creano esclusione”. Va bene “sostenere i migliori, ma mai dimenticarsi di chi non ha avuto le condizioni per poter partecipare” e studiare “fino al percorso universitario”.
“Credo – ha continuato – che il diritto allo studio sia la chiave indispensabile per moltiplicare il benessere creativo e intellettuale, per rendere la società inclusiva”.
“Credo davvero che le università siano il patrimonio anche del territorio e con esso devono sapere interagire per una vera crescita individuale e collettiva”, concluso Fedeli.
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