La ministra Valeria Fedeli in visita a La Spezia si è intrattenuto sullo scottante problema per la città che riguarda il destino dei corsi di laurea di ingegneria Navale e Nautica il cui futuro è a rischio a causa delle ripartizioni delle nuove assunzioni che avvengono tra i dipartimenti e in base al numero di iscritti. Senza nuovi docenti gli atenei di La Spezia, Genova, Napoli potrebbero vedersi costretti a interrompere le lezioni per i futuri ingegneri navali.
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Un grido di allarme che non venne recepito come ci si attendeva dalla ex ministra Stefania Giannini, che escluse il ricorso a qualsiasi piano o finanziamento straordinario, invitando enti locali, atenei e aziende a cercare di reperire denaro nelle pieghe dei fondi statali per la ricerca.
“Credo molto alla necessità di saper guardare ai punti di forza e di eccellenza, tanto più se sono riconosciuti anche dall’estero”, ha detto la ministra facendo riferimento all’alto numero di studenti stranieri e all’esclusività a livello continentale della formazione offerta dal polo spezzino, che ha (quasi) eguali nell’università di Southampton.
“Siamo tra i Paesi all’avanguardia nella cantieristica e nella nautica e rimaniamo competitor solamente se sviluppiamo l’intero comparto, anche dal punto di vista della formazione. Non dobbiamo avere una visione parziale, territoriale – ha proseguito – per La Spezia, Genova, Napoli e Trieste, ma una logica da sistema Paese. Per questo ho detto a sindaco e rettore che farò una riunione specifica a Roma per affrontare il tema e li ho invitati a interloquire con il mio ministero, ma anche con quelli della Difesa e dello Sviluppo economico, perché in questa città ci sono importanti realtà della Marina e dell’industria, come Fincantieri e i principali marchi della nautica da diporto”.
La ministra Fedeli non ha risposto promettendo fondi straordinari, ma indicando e rendendosi disponibile a impostare quelle strategie che erano state guardate con freddezza da parte del suo predecessore.
“I ministeri – ha infatti aggiunto – facciano un ragionamento dal punto di vista nazionale, secondo le rispettive competenze. Parliamo spesso di industria 4.0, che passa per l’innovazione, la ricerca e la capacità di sviluppo. Ma questi concetti non possono rimanere lettera morta. Se il Comune, Promostudi e l’Università di Genova non mi avessero posto il tema non avrei avuto la possibilità di conoscere questo patrimonio che non è solamente territoriale, ma dell’intero Paese. Ed è per questo che va considerato con attenzione”.
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