Hanno destato scalpore le parole del ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, alla presentazione di un libro alla Camera. Fedeli ha parlato delle proteste sulla legge 107/15 e sul linguaggio adottato.
Come già scritto in un altro nostro articolo, secondo il ministro è sbagliato parlare di docenti ‘deportati’ e di presidi ‘sceriffo’. “Non si può dire che sono state ‘deportate’ le persone, qual è l’insegnamento che diamo? Non si può usare la parola ‘sceriffo’. Puoi non essere d’accordo sulla scelta in cui si è superato il precariato, è legittimo”, ma attenzione al linguaggio che si usa, ha sottolineato il responsabile del Miur. Fedeli ha parlato anche dei suoi predecessori a capo del dicastero dell’Istruzione: “è incredibile che qualunque ministro o ministra sia passato” da viale Trastevere “abbia dovuto subire le cose più pesanti dal punto di vista degli attacchi non di merito, ma di modello di rappresentazione pubblica”.
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Pronta la rispota del responsabile scuola del PCI, Luca Cangemi: “Il ministro dell’istruzione Fedeli, ha pronunciato parole gravi: chi usa l’espressione preside sceriffo (oppure “deportati”), per criticare la 107, non è degno di educare. Io ho utilizzato in centinaia di assemblee e dichiarazioni pubbliche (anche a mezzo stampa) queste parole. Ed ho la ferma intenzione di continuare a farlo. Sono un insegnante di ruolo della scuola italiana, dipendente del ministero di cui la senatrice Fedeli è titolare. Sfido il ministro, dunque, a prendere i provvedimenti cui le sue parole alludono.
La 107 ha rappresentato per la scuola italiana un disastro – conclude – come riconoscono anche molti che l’hanno votata. Essa ha comportato un carico d’ingiustizie e umiliazioni che meritano parole assai più aspre di quelle censurate dal ministro. Noi continueremo la denuncia di questa realtà e la lotta contro di essa”.
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