Se è vero che nel 2003 i lavoratori flessibili rappresentavano un quinto della forza lavoro (19%), ora un lavoratore su quattro ha un impiego a tempo (24%). Ma i “precari” non minacciano gli “stabili”, che sono addirittura aumentati dal 39 al 41 per cento. Il motivo è semplice: aumenta la richiesta di lavori specializzati, mentre il calo demografico sta frenando l’offerta. In altre parole, in settori come l’industria la sete di operai e lavoratori iperqualificati è grande e la tendenza a stabilizzarli, anche.
E la progressiva flessibilizzazione non scoraggia chi si affaccia al mondo del lavoro: sono calati anche gli inattivi, quelli che neanche cercano un’occupazione: dal 24% sono scesi al 19%. Né ha influito sull’ umore dei tedeschi nel 90 per cento dei casi. Certo, nel terziario, rileva lo studio, stanno aumentando le pressioni perché gli orari degli impiegati siano più flessibili, perché si mostrino anche più spesso reperibili e si è registrata anche un’impennata di persone che devono lavorare anche nei weekend. Ma anche questo non sembra mettere i tedeschi particolarmente di malumore
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