“Finché l’istruzione patria sarà nelle mani della Fedeli o ministri del genere, la maggioranza dei giovani faticherà a trovare un lavoro o non lo troverà affatto”. Così il direttore di Libero, Vittorio Feltri, in un’editoriale apparso mercoledì scorso.
“Il titolo di studio sarebbe importante se avesse un contenuto che, invece, in Italia non ha. Il nostro Paese è rimasto indietro, anzi, rispetto al passato è peggiorato. Le medie superiori, nonostante vari ritocchi formali, sono ferme agli anni Cinquanta”, continua il giornalista
“La distanza tra lo studio e il lavoro è aumentata a dismisura, accentuata dalla diffusione della telematica. In altre nazioni si è provveduto saggiamente a trasformare gli studenti in apprendisti,
costringendolia fare esperienze formative in fabbriche e uffici. Ciò agevola i ragazzi nelmomento in cui si tratta di cominciare a guadagnarsi uno stipendio. Da noi tra la cultura e la produzione
c’è un abisso incolmabile. Si frequentano facoltà umanistiche con la pretesa di spianarsi la strada. La laurea fa status ma non prepara nessuno a soddisfare le esigenze del mercato“, aggiunge
“L’impianto scolastico andrebbe riformato di sana pianta. Si tratterebbe di copiare quello francese o quello tedesco oppure inglese. Ma siamo scarsi nell’arte di imitare chi è più bravo di noi a coniugare la scienza con la pratica”.
[…] “Le famiglie lasciano che i figli scelgano in proprio i corsi preferiti, non mettono lingua e si rassegnano a mantenere la prole adulta anni e anni, indifferenti al fatto di avere in casa dei bamboccioni. Questa purtroppo è la realtà e non siamo capaci di modificarla”, conclude.
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