La scuola viene ormai tirata in ballo per risolvere problemi di ogni genere. Anche per cambiare gli stili culturali. Spesso, però, si eccede. Questa è la sensazione che si è avuta ascoltando le parole di Margherita Cassano, prima presidente della Corte Suprema di Cassazione: intervenuta durante un’audizione in Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, la dottoressa Cassano ha in prima battuta detto che per vincere questa piaga “sarebbe opportuno che le famiglie riprendessero il proprio ruolo educativo, perchè molto nasce all’interno delle famiglie”.
Subito dopo ha però tirato in ballo anche l’importanza dei luoghi d’istruzione, proprio per sensibilizzare le nuove generazioni: si deve agire, ha detto la prima presidente della Suprema Corte, “anche all’interno della scuola perchè non avvengano azioni formative episodiche, che servono a ben poco”,
Cassano ha quindi auspicato che si attuino “azioni strutturali che vedano nella preventiva formazione e coinvolgimento degli insegnanti”.
Quindi, ha sottolineato che forse l’adeguato aggiornamento dei docenti sui femminicidi e sul mancato rispetto per le donne “è l’azione che serve maggiormente: una diffusione della conoscenza dei valori della Costituzione, tra cui si incentra quello del rispetto della pari dignità di ogni persona”, ha concluso la presidente.
Tra i ricercatori, tuttavia, la strada indicata dalla dottoressa Cassano non sembra quella vincente. Daniela Bagattini collaboratrice tecnica di Indire, intervistata dalla Tecnica della Scuola durante Didacta 2024, ha parlato di parità di genere nelle scuole sostenendo che su questo tema nella scuole si realizzano “interventi a macchia di leopardo, ma bisognerebbe agire in ottica di sistema. Non solo in ottica di formazione docenti“.
“La scuola deve occuparsi in toto di questo tema. La scuola non può affrontare questi temi senza il coinvolgimento dei genitori. Non si tratta solo di un contenuto didattico, non se ne può parlare in un’ora, ma deve essere un modo per affrontare la didattica, anche con l’ausilio delle nuove tecnologie. Siamo disponibili ad andare nelle scuole. Bisogna coinvolgere anche i dirigenti. Se partecipa un docente per scuola non possiamo fare molto”, ha concluso la ricercatrice.
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