Secondo l’Istat i femminicidi sono aumentati e soprattutto durante il lockdown.
Nei primi 6 mesi del 2020 il numero dei femminicidi era pari al 45% del totale degli omicidi, contro il 35% dei primi sei mesi del 2019: hanno raggiunto il 50% durante il lockdown, a marzo e aprile 2020.
Le donne sono state tra le mura domestiche, nel loro ambito affettivo/familiare (90% nel primo semestre 2020); a colpire partner o ex partner (61%).
Anche il rapporto del Servizio analisi criminale della polizia evidenzia: a febbraio, maggio e ottobre 2020 il 100% delle donne vittime di omicidio sono state uccise in ambito familiare-affettivo, a casa, in famiglia, da chi amavano o avevano amato, da chi credevano di essere amate o di essere state amate.
La rete D.i.Re, sapendo che la violenza è tra le mura di casa, ha lanciato una campagna mediatica per dire alle donne “rivolgetevi a centri antiviolenza per chiedere aiuto, considerato che la violenza alle donne è una pandemia globale che attraversa le donne ogni giorno per 365 giorni l’anno. E c’è bisogno subito di misure che diano la possibilità alle donne di sottrarsi alla violenza.
Che fare? “C’è un binario strutturale, culturale da percorrere – sottolinea la D.i.Re – bisogna cambiare la cultura che sta alla base del fenomeno della violenza alle donne: la decostruzione degli stereotipi è il vero deterrente per affrontare in profondità questo tema. Se non ci capiamo su questo non andiamo da nessuna parte. Perché nessuna misura emergenziale può tamponare questo fenomeno. Ne è un esempio il Codice rosso. E’ un dispositivo legislativo che pur essendo in essere non ha creato condizioni migliori per le donne che vivono situazioni di violenza, sia dentro che fuori le mura domestiche. Per decostruire gli stereotipi e cambiare la cultura servono tempi lunghi, ma più tardi si inizia e – ovviamente – più tardi si arriva. Da trent’anni la rete dei centri antiviolenza lo chiede e ancora nessuno ha accolto questa indicazione, intrapreso la strada’. Una strada che ‘arriva a formare tutti gli attori coinvolti, ma che parte dalle radici. Prima di tutto dalla scuola. Qui deve iniziare la decostruzione degli stereotipi. La bambina cuce e stira e il maschietto va al lavoro a fare le costruzioni: se si sfoglia il libro di testo delle elementari ci si rende subito conto di quello che significa in concreto e di quello che si può fare. Quindi iniziamo dalle scuole a decostruire gli stereotipi”.
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