Dopo un mese esatto dal giorno in cui, in Italia, sono state assunte le prime misure di contenimento dell’epidemia, e dopo le settimane della “grande paura” in cui sembrava che la diffusione del virus fosse diventata esponenziale ed inarrestabile, pur rimanendo nel più rigido auto-isolamento e nella disciplinata osservanza delle norme di comportamento emanate dalle autorità su suggerimento degli organi tecnico-scientifici, molti di noi hanno cominciato a formarsi una idea sempre più approssimata e precisa sulle caratteristiche di questo nemico invisibile, ma maledettamente concreto ed instancabilmente operante.
Un’idea che, sebbene non abbia pretese di evidenza scientifica (non siamo epidemiologi, anzi confessiamo la nostra totale ignoranza e assoluta mancanza di conoscenze nel campo bio-medico e anatomo-patologico), vuole rappresentare, tuttavia, un abbozzo di fenomenologia del coronavirus.
Con la parola fenomenologia (termine usato e abusato dai filosofi) si intende, di solito, l’insieme delle manifestazioni attraverso le quali un determinato oggetto può essere percepito e conosciuto dai soggetti conoscenti, cioè dagli esseri umani. In questo caso ci troviamo di fronte non ad un oggetto inanimato, inerte, bensì ad un qualcosa di ben vivo, che nasce, si sviluppa, si diffonde, si moltiplica con una velocità impressionante, senza fermarsi davanti a confini, frontiere e barriere di qualsiasi tipo. E’ un’entità (una sostanza) che, proprio sulla base delle sue manifestazioni (o modi) e tragiche conseguenze, può essere descritto e rappresentato con i seguenti attributi (sostanza, attributi, modi: mi si perdoni l’impiego di una terminologia che ricorda il grande Baruch Spinoza):
Se c’è invece un insegnamento da trarre da tutta questa tremenda tempesta, esso consiste nell’esatto contrario della scelta solitaria e/o nazionalistica: l’umanità (perché è l’intera specie umana in pericolo, non questo o quel popolo) si può salvare soltanto se riscopre ciò che ci rende uomini, vale a dire membri di un’unica comunità mondiale, possessori della medesima essenza, costituita da enormi capacità e possibilità, ma anche da fragilità, debolezze, insicurezze, bisogni di solidarietà e di aiuto reciproco. Soltanto se mettiamo insieme le nostre risorse (tecniche, scientifiche, comunicative, economiche, finanziarie, ma soprattutto umanitarie), potremo salvarci e, forse, dare inizio ad una nuova epoca della storia, un’epoca che metta al centro l’uomo e i suoi bisogni, così come la necessità di ricostruire un nuovo e diverso ed equilibrato rapporto con la Natura.
Francesco Sirleto
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