I dipendenti pubblici che accumulano ferie rischiano di cagionarsi un danno doppio: non vanno in vacanza e rischiano fortemente di non vedersi monetizzare i mancati giorni di godimento di giornate lontano dal lavoro. Il messaggio giunge dalla Corte di Cassazione, che esaminando un caso di un medico della pubblica amministrazione, ha bocciato la sua richiesta di passare alla “cassa” passando in un altro settore del pubblico impiego. E la stessa bocciatura, hanno fatto intendere gli “ermellini”, sarebbe scattata anche se il dipendente fosse andato in pensione.
Secondo la Suprema Corte la monetizzazione delle ferie non consumate non può essere motivata solo da una semplice carenza di organico, ma occorrono certificazioni e documentazioni che giustifichino “eccezionali e motivate esigenze di servizio o cause di forza maggiore” che hanno reso indispensabile la fruizione delle ferie.
La richiesta dell’ex medico, che era anche primario presso un’azienda sanitaria locale, Carlo Alberto C., è stata quindi bocciata: in dieci anni di servizio presso la Ausl di Reggio Emilia, dal 1993 al 2003, aveva accumulato 246 giorni di ferie non godute e poi, quando era andato a dirigere un altro reparto di ortopedia presso l’ospedale di Pieve di Coriano, nel mantovano, aveva chiesto l’indennità sostitutiva all’azienda sanitaria reggiana.
In primo grado, aveva ottenuto l’indennizzo ma poi la Corte di Appello di Bologna, sostenendo che l’organico era sotto del 50%.
La Cassazione ha ritenuto, invece, che “alla cessazione del rapporto di impiego le ferie residue” possono essere “monetizzate solo quando il mancato godimento sia determinato da effettive e indifferibili esigenze di servizio, formalmente comprovate, o, comunque, a causa di ragioni indipendenti dalla volontà del dirigente”.
Al primario è costato caro, diverse migliaia di euro, non allegare alcun documento che dimostrasse la necessità della sua presenza a scapito del diritto alle ferie.
La sentenza, a questo punto, potrebbe essere presa in considerazione anche per ricorsi similari. E pure, ovviamente, per il personale della scuola che fa parte dell’amministrazione pubblica.
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