Le ferie non fruite, normalmente, non possono essere pagate. Ci sono però alcune situazioni in cui il mancato godimento può dar luogo alla monetizzazione.
In alcuni orientamenti applicativi l’Aran si è occupata della questione. Riportiamo di seguito i più significativi, riguardanti il Comparto Scuola.
Quali sono le condizioni che consentono la monetizzazione delle ferie non godute? E’ possibile monetizzarle in costanza di rapporto? La monetizzazione presuppone sempre che le ferie non siano state godute per ragioni di servizio?
La disciplina contenuta nell’art. 13 del CCNL del 29.11.2007 che prevede il pagamento sostitutivo delle ferie all’atto della cessazione del rapporto di lavoro (con la conseguenza che deve ritenersi assolutamente vietata la monetizzazione delle ferie in costanza di rapporto) è stata rivista dal decreto legge 6 luglio 2012, n. 95.
Tale decreto, all’art. 5, comma 8, espressamente prevede “la non monetizzazione delle ferie all’atto di cessazione del rapporto, tranne che per il personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario supplente breve e saltuario o docente con contratto fino al termine delle lezioni o delle attività didattiche, limitatamente alla differenza tra i giorni di ferie spettanti e quelli in cui è consentito al personale in questione di fruire delle ferie”. Successivamente, il Dipartimento della funzione pubblica ha chiarito, con nota dell’8/10/2012, che non rientrano nel divieto posto dal citato decreto legge n. 95 del 2012 i casi di cessazione dal servizio in cui l’impossibilità di fruire le ferie non è imputabile o riconducibile al dipendente, come le ipotesi di decesso, malattia e infortunio, risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica permanente ed assoluta, congedo obbligatorio di maternità. Resta fermo in ogni caso che la monetizzazione delle ferie in questi residui casi potrà essere corrisposta solo in presenza delle limitate ipotesi normativamente stabilite nel rispetto delle previsioni in materia di riporto.
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Come deve comportarsi l’amministrazione scolastica di fronte ad un accumulo consistente di ferie non fruite nell’anno precedente?
L’art.2109 c.c. espressamente stabilisce che le ferie sono assegnate dal datore di lavoro, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore. L’applicazione di tale disciplina, pertanto, nel caso di inerzia del lavoratore o di mancata predisposizione del piano ferie annuale, consente all’amministrazione anche la possibilità di assegnazione di ufficio delle ferie.
Un’attenta pianificazione delle ferie, infatti, è diretta a garantire, da un lato, il diritto dei dipendenti al recupero delle proprie energie psicofisiche e, dall’altro, ad assicurare la funzionalità degli uffici.
Cosa avviene, all’atto del collocamento a riposo, se il dipendente non ha potuto usufruire delle ferie maturate nel corso dell’ultimo anno di servizio a causa di malattia?
Sulla monetizzazione delle ferie è intervenuto il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito nella legge n. 133/2012.
Al riguardo, inoltre, la nota del Dipartimento della Funzione Pubblica del 8/10/2012 ha ulteriormente chiarito che non rientrano nel divieto di monetizzazione posto dal decreto legge n. 95 del 2012 anche “i casi di cessazione dal servizio in cui l’impossibilità di fruire le ferie non è imputabile o riconducibile al dipendente, come le ipotesi di decesso, malattia e infortunio, risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica permanente ed assoluta, congedo obbligatorio di maternità. Resta fermo in ogni caso che la monetizzazione delle ferie in questi residui casi potrà essere corrisposta solo in presenza delle limitate ipotesi normativamente e contrattualmente previste e nel rispetto delle previsioni in materia di riporto”.
In base a quanto sopra riportato, si ritiene che nel caso specifico si possa procedere alla monetizzazione delle ferie in quanto si tratta di un caso in cui la mancata fruizione delle stesse non è imputabile in alcun modo ad una precisa volontà in tal senso del dipendente ma ad un evento oggettivo, di carattere impeditivo, come appunto la malattia protrattasi nel tempo, che non può risolversi in un danno per il lavoratore. Si tratta, in sostanza, di una applicazione analogica dello stesso principio espressamente previsto nell’ipotesi di licenziamento del dipendente per superamento del periodo massimo di conservazione del posto nell’ambito della disciplina dell’assenza per malattia. Ovviamente, la monetizzazione sarà possibile solo nell’ipotesi in cui la malattia per il suo protrarsi nel tempo fino alla data di collocamento a riposo non abbia lasciato alcuna possibilità di fruizione delle ferie da parte del dipendente.
Per il personale a tempo determinato, all’atto della cessazione dal rapporto di lavoro, qualora le ferie spettanti a tale data non siano state fruite, si procede al pagamento sostitutivo delle stesse?
Sul punto è intervenuto il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge n. 135/2012, che, all’art. 5, comma 8, espressamente prevede “la non monetizzazione delle ferie all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, rilevando che tale norma non si applica al personale docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario supplente breve e saltuario o docente con contratto fino al termine delle lezioni o delle attività didattiche, limitatamente alla differenza tra i giorni di ferie spettanti e quelli in cui è consentito al personale in questione di fruire delle ferie”.
Nel caso in cui la malattia abbia impedito il godimento delle ferie queste devono essere liquidate al momento della quiescenza?
Si fa presente che la malattia, per la sua imprevedibilità e per la sua non programmabilità, sia una esimente di carattere generale superiore anche alle esigenze di servizio.
Pertanto ove la malattia abbia impedito il godimento delle ferie, le stesse saranno liquidate al momento della quiescenza, come chiarito dalla nota del 8/10/2012 del Dipartimento della funzione pubblica.
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