Nella giornata del 2 giugno e durante la mattinata del 3 giugno del 1946 si tenne il referendum istituzionale con cui gli italiani vennero chiamati a decidere quale forma di Stato (repubblica o monarchia) dare all’Italia.
Occorre ricordare che la seconda guerra mondiale era terminata l’anno precedente e il nostro Paese cercava a fatica di risollevarsi dopo vent’anni di regime fascista e un conflitto devastante.
Dopo l’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre 1943, l’allora re d’Italia Vittorio Emanuele III aveva abbandonato Roma ed era fuggito (o si “trasferì” sostengono alcuni) prima in Abruzzo per poi “riparare” a Brindisi, lasciando i soldati italiani, spesso rimasti senza superiori e senza ordini, facili vittime delle rappresaglie tedesche, e lasciando poi l’Italia in una sanguinosa guerra civile.
Tra l’altro il re non solo aveva consentito l’ascesa del fascismo – quando il 28 ottobre 1922 i fascisti iniziarono la marcia verso Roma e Vittorio Emanuele si rifiutò di firmare la dichiarazione dello stato d’assedio che l’allora presidente del Consiglio gli aveva sottoposto e incaricò poi Mussolini di formare un nuovo governo, nonostante i metodi violenti e antidemocratici già evidenti – ma aveva anche promulgato le vergognose e criminali leggi razziali nel 1938.
Da molti la monarchia sabauda era quindi considerata come la principale responsabile della situazione che si era determinata, per aver appoggiato il fascismo e avere permesso l’entrata in guerra dell’Italia, a fianco della Germania nazista.
Nel 1944, mentre era in corso la lotta di Liberazione dal nazi-fascismo, i vari partiti si accordarono per rimandare qualsiasi decisione alla fine della guerra quando si sarebbe fatta una consultazione popolare per scegliere la forma dello Stato ed eleggere un’Assemblea costituente.
Era il 16 marzo 1946 quando il principe Umberto di Savoia decretò ufficialmente l’organizzazione di un referendum per decidere la forma istituzionale dello Stato. Un mese prima del referendum, Vittorio Emanuele III abdicò in favore di Umberto II, sperando di poter attirare il consenso del popolo per far continuare la monarchia.
Intanto, il 31 gennaio 1945 il Consiglio dei ministri aveva emanato un decreto che riconosceva il diritto di voto alle donne. Questo referendum istituzionale, pertanto, fu la prima votazione nazionale a suffragio universale indetta in Italia, comprendendo anche le donne, che votavano per la prima volta (se si escludono elezioni amministrative svolte a marzo e ad aprile del 1946 con partecipazione femminile). I votanti furono quasi 25 milioni, circa l’89,1% degli aventi diritto. La percentuale di voti favorevoli alla Repubblica è stata del 54,27%. Nelle votazione del giugno 1946 gli elettori hanno scelto anche i componenti dell’Assemblea costituente, ai quali è stato affidato il compito di redigere la nuova Costituzione.
L’importanza di quella votazione quindi fu doppia: rendere l’Italia una Repubblica e dare l’avvio popolare alla successiva formulazione (da parte degli eletti all’Assemblea costituente) della nuova Costituzione italiana, nata dalla lotta di Resistenza.
Ricordiamo le parole di Sandro Pertini, rigoroso e attivo oppositore al fascismo (costretto all’esilio e recluso per 14 anni tra carcere e confino), combattente partigiano e poi nell’Italia repubblicana Presidente della Camera e infine Capo dello Stato: “Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi”.
Ma sul valore della Carta costituzionale italiana vogliamo rammentare anche una frase di Piero Calamandrei: “In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie: son tutti sfociati qui negli articoli”.
La prima celebrazione della Festa della Repubblica italiana avvenne il 2 giugno 1947 e il 2 giugno fu definitivamente dichiarato festa nazionale nel 1949. Ma nel 1977 a causa di una situazione economica difficile, la Festa della Repubblica fu spostata alla prima domenica di giugno. Nel 2001, su impulso dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la Festa della Repubblica italiana ha ripreso (grazie alla legge n. 336 del 20 novembre 2000) la sua collocazione tradizionale, con le celebrazioni ripristinate nella giornata del 2 giugno.
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