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Fiaccole, non vasi: saggio collettaneo per rilanciare la scuola

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Autorevoli esperti di cose della scuola e provenienti da diversi ambiti: Annamaria Berenzi, Eugenia Carfora, Lorella Carimali, Alessandro de Concini, Umberto Galimberti, Nicolò Govoni, Sandro Marenco, Carlo Mazzone, Deanna Michelini, Daniele Novara, don Marco Pozza, Matteo Saudino ed Elena Ugolini, insieme per scrivere cercardo di indicare nuove strade per rilanciare la scuola.

E per farlo occorre partire come sempre dall’insegnante che è in ogni caso il motore di qualsiasi riforma o idea di rinnovamento che riguarda l’istruzione e dunque anche l’alunno: non un vaso da riempire ma una fiaccola o un camino da accendere. Vecchio adagio che è sempre valido, ma che spesso viene persino scordato.

E infatti tra gli obiettivi proposti da questo libro collettaneo c’è proprio la caccia, per ucciderlo, al rigido nozionismo e alla competitività tra studenti. 

E ancora, sotterrare i livelli di ansia scolastica, che in Italia raggiungono i più alti livelli al mondo; sconfiggere l’incapacità a generare passioni e interessi che invece sono la chiave di volta e l’architrave sotto cui la cultura dovrebbe ripararsi, progredendo nello studio e nei saperi dell’allievo.

Se si riescono a superare queste criticità, che sono solo alcune delle tante che affannano la scuola e la sua capacità di svolgere il suo ruolo di massa, ponendovi rimedio, parte importante del cammino di riforma e di snellimento delle stanchezze della scuola sarebbero risolte. 

“Fiaccole, non vasi” si propone dunque di individuare soluzioni utili al rilancio del nostro sistema educativo affinché i docenti vengano finalmente messi in condizione di ispirare i propri allievi, forgiandone tanto il carattere quanto lo spirito critico. 

“In gioco -dicono gli autori- non c’è solo la preparazione, ma anche la maturazione individuale dei ragazzi, futuro di questo Paese. Prospettive eterogenee per stimolare riflessioni e affrontare l’argomento da molteplici angolazioni, dando vita a un confronto a distanza che ha fatto germinare idee, spunti, suggerimenti e linee guida per edificare l’istruzione del domani.

Dunque una scuola che ci vorrebbe ma che non c’è, per passare finalmente dal sistema di istruzione che abbiamo ereditato dalla nostra storia recente a un sistema di educazione vero e proprio che guardi al futuro degli studenti e del Paese. 

Cosa serve allora, si chiedono gli autori del libro? “Serve che la scuola sia efficace, che riesca cioè in quello che è il suo compito: avere insegnanti preparati e all’altezza della sfida;  adottare metodi di studio e organizzazione del curriculum che rispondano alle richieste degli studenti. 

“La scuola ha bisogno di scelte, ma nello stresso tempo una cosa è fare odiare un autore altro è far apprezzare la sua arte e il suo pensiero a studenti della generazione iperconnessa.

“Per questo, si legge nella bella prefazione, la scuola deve ascoltare e accompagnare e  in classe si deve poter stare bene andando ognuno alla propria velocità sperimentare senza paura”.

Ma si potrebbe pure rendere un po’ più flessibile l’approccio cronologico dello studio di molte materie – dalla Storia alla Letteratura, fino alla Filosofia – oppure -si sottolinea nella prefazione- arrivare a eliminare la divisione rigida tra istruzione tecnica e istruzione liceale, proponendo una parte del curriculum uguale e alcune materie a scelta. 

In campo ci sono anche visioni più complesse come quella di rovesciare il sistema di valutazione: non dare i voti ai risultati, bensì ai progressi fatti dal singolo alunno.

Spunti di riflessione, tengono a dire gli autori, che vengono dall’interno della scuola, dall’esperienza di ogni giorno, dalla fatica di chi ha scelto di insegnare, da chi conosce bene quelli che sono i mali e le potenzialità del sistema. 

Tra gli argomenti di riflessione e ricerca, viene pure esaminato il grave problema della dispersione implicita.

Si tratta di quegli studenti che hanno ottenuto il diploma, magari persino dei voti discreti, ma non le competenze minime. È come se a scuola non ci fossero stati e il loro diploma fosse di carta velina: saranno adulti fragili, esposti a ogni incertezza, proprio come coloro che hanno abbandonato prima di finire.