Prevenire l’abuso sui minori grazie all’educazione, considerato che i casi sono diventati sempre più frequenti in Corea tanto da spingere il governo ad aumentare gli sforzi per prevenire la violenza. Violenza che avviene tra le mura domestiche, come si va documentato dal 1983 con una crescita vertiginosa dei casi negli ultimi anni, anche gravissimi: dal 2001 alla metà del 2015, 148 bambini sono morti a causa degli abusi. Come i due bambini di 7 anni picchiati a morte dalle madri nella cronaca recente. Eppure nella società e nelle leggi del Paese, i diritti dei genitori la fanno ancora da padroni.
La punizione corporea è un metodo di disciplina tradizionale in Corea del Sud. Anche nelle scuole, dove è ancora comunemente usata e abusata.
La famosa «bacchetta dell’amore» con cui gli alunni (e i figli) vengono colpiti è stata ufficialmente bandita nella maggior parte delle municipalità negli ultimi cinque anni, ma è ancora in voga tra molti insegnanti.
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Anche altre pratiche violente, come l’abuso verbale piuttosto che l’abitudine dei professori a perquisire le cartelle degli alunni senza permesso, sono state via via abbandonate e sostituite da punizioni più consone. Ma la violenza nei metodi rimane diffusa nella società, e tra i genitori in primis.
Il Paese, scrive Il Corriere della Serra, è a livelli top in materie quali lettura e matematica, peraltro affianco a nazioni quali la Finlandia che, dopo la Svezia, è stato il secondo Paese al mondo a proibire le punizioni fisiche, nel 1983. Il paradosso vive all’interno dello stesso sistema educativo sud-coreano, che produce risultati accademici tanto invidiati, ma anche molta infelicità, e con troppa violenza.
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