Mamma e papà di Canicattì, in provincia di Agrigento, hanno presentato ricorso al Tar di Palermo perché all’esame di terza media il figlio ha ottenuto la licenza con la votazione di “ottimo”, pari a 9. I genitori, invece, sostenevano che il ragazzino dovesse essere promosso con “eccellente”, cioè 10.
Tutto è accaduto nel 2014. Lo studente supera brillantemente gli esami di terza media, ma il 24 agosto i genitori presentano ricorso e contestano alla commissione di esami “eccesso di potere sotto i profili della disparità di trattamento, del difetto d’istruttoria e del difetto di motivazione”. Adesso il ricorso è stato respinto dal tribunale amministrativo regionale. I genitori sono stati condannati a pagare le spese legali quantificate in 1000 euro.
“Come noto, la scuola, nel valutare la preparazione degli alunni, non applica scienze
esatte che conducono ad un risultato certo ed univoco, come si verifica ad esempio nei casi di accertamento dell’altezza di un determinato candidato o del grado alcolico di una determinata sostanza, – scrivono i giudici nella sentenza così come riportato dall’Ansa – ma formula un giudizio tecnico connotato da un fisiologico margine di opinabilità, per sconfessare il quale non è sufficiente evidenziare la mera non condivisibilità del giudizio, dovendosi piuttosto dimostrare la sua palese inattendibilità”.
E i giudici riportano tutti i voti conseguiti dall’alunno. “Lo studente era stato ammesso con il voto di 9/10 e aveva conseguito i seguenti punteggi: 10/10 nella prova d’italiano; 10/10 nella prova di matematica; 8/10 nella prova di francese; 8/10 nella prova d’inglese; 9/10 nel colloquio pluridisciplinare”.
“Il voto finale di 9/10 si presenta, pertanto, coerente con quelli di ammissione e con quelli conseguiti nelle prove d’esame, tanto più che il voto di 10/10 presuppone il raggiungimento dell’eccellenza in tutte le prove – proseguono i giudici nella sentenza – Sotto questo profilo, valga, in particolare, il riferimento fatto nei giudizi sulle lingue straniere (inglese e francese) alla circostanza che l’elaborato era ‘per lo più e non ‘totalmente’ corretto”.
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