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Filastrocca del mese di giugno di Gianni Rodari, una riflessione ai giorni nostri

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Filastrocca del mese di giugno di Gianni Rodari è la poesia dedicata al mese in cui finisce la scuola e iniziano le vacanze estive. Una filastrocca breve, vivace ma intensa che esprime quello che dovrebbe essere lo stato d’animo dei nostri ragazzi al termine dell’anno scolastico, ma anche il loro comportamento nei mesi che li hanno visti sui banchi di scuola.  Un messaggio, quello del Maestro di Omegna, che rimanda all’impegno, all’acquisizione di un senso di responsabilità volto a rendere i nostri ragazzi adulti pronti ad affrontare la vita con coraggio e senso di meritocrazia, con educazione e onestà e non con furbizia e superficialità.  Si avverte “l’ansia della promozione” e ad onta di questa la “paura della bocciatura”. I promossi saranno premiati, per i bocciati niente regali invece. Qualcuno di certo trasalirà per l’uso di due termini divenuti per chi, come me, osa utilizzarli, motivo di critica e contestazione: ansia e paura. Perché i nostri figli non dovrebbero provare ansia e ancor meno paura? Il punto è che, nella stragrande maggioranza dei casi, siamo proprio noi a essere ansiosi e impauriti per loro e allora li carichiamo di ansie e paure che non avrebbero o che avrebbero in senso fisiologico. Proverebbero, magari, quella meravigliosa inquietudine che fa sentire vivi, che consente di assaporare in maniera unica e autentica il fantastico mondo delle emozioni. Non solo, oggi, con il boom di ricorsi al Tar per le bocciature, nonostante i giudici diano molto spesso ragione agli insegnanti e alla scuola, piuttosto che ad alunni e genitori, verosimilmente in crisi, siamo proprio sicuri che il genio Rodari con questi suoi versi sia del tutto contestuale e “attuale”?

Forse e per sfortuna la risposta è negativa, poiché una parte di noi genitori, erroneamente, pensa che il meglio per i nostri figli sia far passare il messaggio che a scuola la bocciatura debba essere un’eccezione e la promozione la regola.

Le aggressioni verbali e addirittura fisiche ai docenti non sono finzione e non accennano a diminuire e anche in questo caso, sovente, i genitori si schierano appoggiando i figli a prescindere, e cosi l’aggressore, filmato e “condiviso”, non solo non teme la sanzione, ma alimenta la sua indolenza, arroganza e financo il suo senso di vuoto e inadeguatezza di cui nessuno, a quanto pare, si è preoccupato e continua, ahimè, a preoccuparsi. Ed ecco che non riesco a non chiedermi se siamo nel Bronx, se non siamo proprio noi genitori a disorientare i nostri figli, con le nostre parole e i nostri silenzi, con le nostre azioni o il nostro disinteresse, con la nostra mancanza di regole, rubandogli, per dirla alla Crepet, i sogni.  Voglio credere che la scuola non sia solo questo, che le famiglie, includendo anche la mia, non siano solo questo, ma che ci siano genitori, figli e docenti che non si limitino a guardare e a sentire ma che osservino e ascoltino. La mia non vuole essere una scontata, sterile e imbarazzante critica a tutto e a tutti, ma lo spunto per un momento di profonda e produttiva riflessione.

E che possa essere una bella estate per noi genitori, per i nostri docenti, di certo da rivalutare, e per i nostri ragazzi che, tra tuffi e passeggiate, in un contesto più reale che virtuale, non si perdano nel dedalo della dipendenza, dell’atarassia e dell’anedonia, perché chi è dipendente, atarassico e anedonico non è e non potrà mai essere né sereno, né tantomeno felice.

Lucia Pagano