In tempi di grandi cambiamenti, di profondi dilemmi, su quale sarà la scuola del futuro, o meglio su quali saranno le competenze richieste ai giovani, in un mondo sempre più globale, c’è chi non ha il coraggio di ammettere a sé stesso o agli altri, che quello che poteva andare bene vent’anni fa, non va bene oggi e, soprattutto, non andrà bene domani e dopodomani.
La riforma sulla filiera formativa tecnologica-professionale, la cosiddetta 4+2, approvata in via definitiva qualche settimana fa, non è stata accolta da tutti con entusiasmo. C’è chi l’ha definita “classista” e chi non adeguata a valorizzare il nostro sistema d’istruzione e formazione.
Perché, mi chiedo, non ammettere che è un grande passo in avanti, che ci aiuterà a colmare il divario con gli altri paesi europei? Chi lavora con i giovani sa bene che non tutti vogliono diventare avvocati o medici. Com’è naturale, desiderano seguire la loro indole, quella vocina interiore che ti guida in silenzio e ti dice da che parte andare. Desiderano imparare un mestiere, magari quello del padre o del nonno, perché hanno un innato senso pratico, amano gli stage e le aziende e provano piacere nel “learning by doing”, anglicismo che ci insegna che la scuola non può essere solo teoria. In una banca o in una biblioteca, anche prestigiosa, si sentirebbero soffocare. Bisogna tener presente che la nuova riforma tecnologico-professionale è stata accolta con entusiasmo dagli industriali, artigiani, imprenditori e tutti quelli che faticano a trovare gente qualificata che sappia fare, che abbia voglia di imparare e che sia innamorata di quello che fa. Questa riforma non è, dunque, una delle tante riforme, che la scuola ha dovuto digerire in silenzio in questi ultimi decenni e che poco modificherà l’attuale assetto del sistema d’istruzione e formazione. Tutt’altro. Era attesa da anni e sarà la vera svolta. Si rivelerà un tassello fondamentale della lotta alla dispersione scolastica e della lotta al mismatch occupazionale, un problema complesso che indica la discrepanza tra le competenze richieste ai giovani e quelle disponibili sul mercato e che, in qualche zona, soprattutto al nord, è lapalissiana.
L’Italia, con le pressioni dei mercati globali e le nuove tecnologie che trottano, si trova davanti a una sfida che dovrà affrontare con tutte le forze disponibili. La nuova riforma 4+2 creerà un sistema più flessibile, ancorato alle industrie e alle imprese, rafforzerà la formazione continua e stabilirà tutta una serie di protocolli tra scuole, industrie, aziende, che orienteranno i giovani verso carriere più promettenti, perché più in linea con l’offerta occupazionale del territorio, dove risiedono, e anche con le competenze che sono in grado di garantire a chi li assumerà. Il dialogo tra imprese, industrie, scuole, agenzie formative non può essere il dialogo tra sordi, di chi cerca e non trova. Deve essere un dialogo franco e aperto, costruttivo. La riforma appena varata va in questa direzione.
Ivana Londero
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