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Finanziaria, docenti e Ata tirano un sospiro di sollievo

Manca l’ufficialità, ma anche gli ultimi dubbi sembrano sopiti: nei prossimi tre anni il personale della scuola potrà godere degli scatti di carriera. Il blocco, introdotto nel testo della manovra Finanziaria approvata a fine maggio dal Consiglio dei ministri, verrà di fatto cancellato attraverso un apposito emendamento, preparato e licenziato dalla commissione Bilancio del Senato, che non ha trovato opposizione tra i membri del Governo poiché permetterà comunque di attuare le economie di spesa previste: a sovvenzionare le progressioni di carriera, compresi gli accantonamenti della relativa buonuscita, sarà la quota del 30% di risparmi (2,5 miliardi di euro a fronte di circa 8 totali) derivanti dall’applicazione della Legge 133/08. Un’operazione che, come già osservato, se da una parte permetterà al personale di limitare i danni (i docenti con maggiore servizio alle spalle avrebbero perso oltre 3.000 euro l’anno con una striscia di conseguenze su assegno di liquidazione e di pensione che si sarebbe esaurito solo nel 2048!), dall’altra rimanderà ulteriormente l’assegnazione dei premi al personale più meritevole cui teneva tanto il ministro Gelmini.
Il decreto, che riguarda il biennio 2011-2012, approderà nell’Assemblea del Senato martedì 13, e due giorni dopo, giovedì 15, sarà approvato con voto di fiducia (la maggioranza è sicura di farcela).
Anche per quanto riguarda gli altri punti della correzione della manovra Finanziaria non dovrebbero esserci sorprese rispetto alle indiscrezioni degli ultimi giorni. Sempre rimanendo alla scuola, ci sono buone notizie per quanto riguarda il tetto degli alunni disabili, per i quali è stata concessa una deroga al numero massimo di alunni per classe. Come per i cittadini che chiedono l’assegno per una patologia grave: il maxiemendamento prevede, infatti, il ritorno al 70% della soglia di invalidità per poter ottenere l’assegno. La “stretta” sulle false invalidità ci sarà comunque, perché aumenteranno le verifiche fino a 250.000 l’anno.
Passa anche l’elevazione dei requisiti per accedere alla pensione: per tutti i cittadini scatta l’adeguamento dei requisiti di pensionamento all’aspettativa di vita media. L’avvio del meccanismo (che si tradurrà in un innalzamento iniziale pari a circa tre mesi) ci sarà a decorrere dal primo gennaio 2015, e il requisito anagrafico verrà aggiornato con un decreto, su base Istat, ogni tre anni a partire dal 2019. Confermata, invece, la retromarcia del Governo (il ministro Sacconi aveva parlato di refuso) sull’incidenza di questa modifica sul requisito dei 40 anni di contributi per poter lasciare il lavoro (che così rimangono svincolati dall’età anagrafica e da qualsiasi altro paletto).
Sempre sul tema della pensione, però solo di vecchiaia, arriva lo scalone unico per le lavoratrici del pubblico impiego: a partire dal 2012, le donne della Pa potranno lasciare il lavoro solo a 65 anni. Il salto, a seguito delle pressioni (anche formali) di Bruxelles nei confronti del nostro Governo, appare veramente lungo: il primo gennaio di quest’anno la soglia era stata incrementato da 60 anni a 61 anni. In un solo anno, in pratica, si passerà da 60 a 65. Una modifica repentina che bloccherà, sulla carta, quasi 20.000 donne della scuola, tra docenti e Ata: per molte (forse la metà) però ci sarà la possibilità di lasciare il servizio comunque, usufruendo della pensione di anzianità (al momento raggiungendo quota 96 con almeno 59 anni di età).
Per quel che concerne gli altri provvedimenti, sta facendo discutere (il Partito democratico sta addirittura raccogliendo delle firme in tempi record) quello della cosiddetta mini-naia: i giovani tra i 18 e i 30 anni potranno, in pratica, fare un’esperienza di addestramento militare della durata massima di tre settimane nelle Forza Armate. L’esperimento durerebbe tre anni e costerebbe quasi 20 milioni di euro complessivi. Una cifra non certo irrisoria, che per l’opposizione sarebbe potuta andare a rimpinguare capitoli di spesa prioritari, sempre rivolti ai giovani, come l’istruzione.

Confermati, infine, i risparmi (per una quota vicina al 10% del budget corrisposto) richiesti a tutti i ministeri. Con un’aggravante: se i risultati non raggiungeranno le attese scatteranno ulteriori decurtazioni.

Alessandro Giuliani

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