Anche se il tasso di ripetenze è molto diminuito (nel 2009 la Francia deteneva il primato fra i Paesi OCSE) tuttora il 28% degli studenti francesi di 15 anni, secondo PISA, ha ripetuto almeno un anno contro il 12% della media dei Paesi dell’OCSE.
Numerosi studi, a cominciare da quelli di T. Troncin o di D. Meuret, hanno dimostrato l’inefficacia pedagogica delle ripetenze. Per Meuret la ripetenza incide negativamente sulla motivazione e sui comportamenti verso l’apprendimento.
Inoltre, scrive sempre l’Adi, le comparazioni internazionali mostrano che le ripetenze sono inefficaci dal punto di vista dei risultati complessivi dei sistemi educativi.
Ma c’è un altro argomento che condanna le ripetenze: il costo. Un rapporto nazionale francese l’ha valutato in circa 2 miliardi.
La bozza di decreto presentata il 3 di luglio stabilisce che le ripetenze non saranno più ammesse se non a seguito di “una lunga interruzione degli apprendimenti”. La decisione della ripetenza non potrà essere presa senza il consenso scritto dei genitori.
Questa bozza è stata fermata da un intervento dello Snalc ( Syndicat National des Lycées et Collèges) , che ha fatto notare che era in contraddizione con il Codice dell’educazione, secondo cui compete al Consiglio di classe pronunciarsi sulle condizioni in cui è possibile per lo studente andare avanti. Per lo Snalc se la ripetenza non è la panacea, il fatto di non proporre nessuna alternativa credibile rischia non solo di non migliorare la situazione, ma di peggiorarla. E aggiunge che non si può fare dipendere l’avvenire dei ragazzi semplicemente da una logica contabile.
I dati OCSE PISA però hanno hanno evidenziato che i sistemi scolastici che prevedono la ripetenza non sono assolutamente quelli che ottengono i risultati migliori.
Anzi, in testa alle classifiche di PISA 2009 stanno gli studenti di Paesi dove la pratica della bocciatura è praticamente inesistente (Giappone, Corea) oppure è assolutamente eccezionale non solo nella scuola di base ma anche nella secondaria superiore (Finlandia).
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