Politica scolastica

Fine dell’istruzione pubblica? Pare di sì con la Fondazione per la Scuola Italiana

Con l’Autonomia Differenziata, voluta da un governo “espressione palese di una forma di capitalismo affaristico tesa allo smantellamento totale dello Stato e, con esso, del Welfare”, si espliciterebbe il progetto di soffocare l’istruzione pubblica per implementare la “Fondazione per la Scuola Italiana”.

La notizia, oltre che pubblicata dal Sole 24 ore, si trova sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito, dove Giuseppe Valditara presiede al lancio della Fondazione per la Scuola Italiana, “un ente no profit pronto ad aggredire la scuola pubblica insieme a Leonardo S.p.A., Enel S.p.A., Autostrade per l’Italia S.p.A. e, immancabili, gli strumenti principali del finanzcapitalismo transnazionale, cioè le banche UniCredit e Banco BPM”.

La dura reprimenda parte di roars.it che denuncia pure l’accelerazione data alla Fondazione per la Scuola Italiana, che lascia intendere la fine della scuola pubblica.

Tutto nascerebbe dall’Autonomia Differenziata con cui,  dimostrando “che al sud, in mancanza di un tessuto economico adeguato in grado di sostenere l’offerta formativa sia negli indirizzi professionali sia, soprattutto, in quelli tecnici e liceali, si interverrebbe con quella che viene definita “la quadruplice radice del principio di ragione capitalistica con i suoi settori strategici, vale a dire quello energetico, digitale, farmaceutico e militare, trainati, ovviamente, dal capitalismo finanziario”.

Accadrebbe insomma che non essendoci al sud un consistente indotto di Formazione Professionale regionale, e pesando le sue aree maggiormente sulle casse dello Stato per il capitolo dell’Istruzione sia per quanto riguarda quella liceale sia quella tecnica, verrebbero affidate alla Fondazione o dismesse.

Quale sarebbe il punto? Se le regioni del nord dovessero richiedere maggiori competenze in materia d’Istruzione pubblica in virtù dell’applicazione dei dettami dell’Autonomia Differenziata, accadrebbe che licei e tecnici sarebbero inondati da risorse economiche private rendendo così evidente lo squilibrio tra scuole del nord e scuole del sud sia relativamente alle strutture, alle infrastrutture, alle dotazioni sia relativamente alle presunte opportunità lavorative in affascinanti ed accreditati settori industriali. 

Ciò che tuttavia  risulta imbarazzante, secondo Roars, soprattutto per chi poi deve occuparsi di educazione civica, educazione ambientale e diritti umani nelle aule scolastiche, è dover spiegare che il Liceo TED genera un ibrido giuridico nell’istruzione pubblica per cui si permette di far entrare nelle proprie strutture formative una società come la SNAM, in opposizione al WWF, ma soprattutto con la Fondazione per la Scuola Italiana si realizzerebbe l’invasione da parte del settore più aggressivo della quadruplice radice del principio di ragione capitalistica, quello militare, nella scuola pubblica italiana perché avrebbe come finanziatore Leonardo S.p.A., collocato nella top ten delle aziende al mondo per produzione di armi.

Con questa prima Fondazione per la Scuola Italiana, dunque, alla quale seguiranno indubbiamente molte altre, il settore militare e quello energetico, sostanziati dal capitalismo finanziario, entrano nella scuola per dettare finalità e imprimere direzioni in cambio di finanziamenti, di dotazioni informatiche, di strumentazioni tecniche. 

Giova inoltre ricordare, scrive Roars, che il capitalismo, che necessita congiuntamente, di volta in volta, di politiche economiche liberiste o neoliberiste e di retoriche ideologiche nazionalistiche o razzializzanti, non può non curare l’aspetto della repressione per realizzare i suoi progetti senza intoppi. 

È in quest’ottica che deve essere letta e compresa la militarizzazione e la repressione imperante dei giorni nostri nei confronti di chi produce cultura, come la scuola, l’università.

Sarebbe stato varato infatti in quest’ottica l’articolo 11 del ddl sicurezza, dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha avuto il via libera il 27 giugno 2024, e  attraverso il quale chi manifesta  contro le guerre in corso, o per sensibilizzare al cambiamento climatico scatta indifferentemente il carcere dai sei mesi ai due anni. Non a caso tale grave limitazione del diritto di manifestare è stata definita “norma anti-Gandhi” da Devis Dori di Alleanza Verdi e Sinistra, a dimostrazione che il capitalismo onnivoro, nelle sue forme coloniali, razzializzanti, estrattive e repressive, gode di buona salute e prosegue indisturbato il suo percorso di cannibalizzazione della democrazia, del senso di comunità e del nostro pianeta, per usare, ancora una volta, le parole di Nancy Fraser.

Pasquale Almirante

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