Fini: va bene il merito, ma anche investimenti e stipendi più alti

Tornare a investire sull’istruzione, assegnare stipendi più adeguati ad una professione intellettuale, legandoli necessariamente al merito. Sono le priorità assegnate dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, in un’intervista concessa al mensile della Gilda degli Insegnanti. Sono convinto – ha detto – che non destinare adeguati investimenti all’educazione e alla scuola sia una politica poco lungimirante, destinata a condannare un Paese all’impoverimento culturale, alla decadenza economica e sociale”. Secondo Fini “lo sviluppo degli Stati moderni coincide, infatti, con la diffusione dell´istruzione e con le conquiste della scienza. Tutte le statistiche internazionali confermano che, tra le nazioni industrialmente avanzate, hanno le più ampie opportunità di crescita quelle che maggiormente investono in un sistema di istruzione di qualità. Per queste ragioni è dovere dello Stato promuovere e sostenere il settore dell´istruzione come imprescindibile fattore di progresso e di emancipazione“.
L’attuale terza carica dello Stato non auspica l’attuazione di un modello di finanziamento cosiddetto ‘a pioggia’:
occorre riuscire a individuare – sottolinea – meccanismi idonei a premiare economicamente gli insegnanti che più si impegnano e che ottengono risultati di qualità. L`appiattimento retributivo appare senz`altro inadeguato a incoraggiare la qualità dell`insegnamento“.
Per il presidente della Camera la scuola non può continuare a fungere da luogo di lavoro che non si nega a nessuno. È giunto il tempo, per chi intende fare la professione di insegnante, di sottoporsi alle selezioni attuate per tutti gli altri impieghi di responsabilità svolti per lo Stato. In Italia – ricorda Fini – la scuola è stata per troppo tempo considerata come uno strumento per risolvere il problema della disoccupazione intellettuale: tanti insegnanti, pagati poco, socialmente sempre meno valorizzati. La finalità della scuola non deve essere quella di dare un lavoro, ma di fornire una formazione di qualità alle giovani generazioni”.
Fini però non dimentica che dietro ai numeri ci sono delle persone, con dei cuori che battono, e delle famiglie, spesso con obblighi economici non procrastinabili: “Detto questo – ha sottolineato Fini – non si possono nemmeno utilizzare per anni docenti regolarmente abilitati, in buona parte ormai a seguito di concorso o di corsi finalizzati alla formazione all´insegnamento, e dunque legittimamente in attesa di una assunzione, senza fornire loro prospettive concrete“.
Insomma, tranne che sul merito, le indicazioni del presidente della Camera appaiono molto diverse, praticamente opposte, rispetto all’attuale linea imposta dal Governo e ribadita in ogni occasione dal ministro Gelmini: anche la gestione della scuola pubblica – in particolare per la gestione dei finanziamenti, pesantemente ridotti, e dei precari, le cui sorti diventano anno dopo anno più in dubbio – appare quindi confermare il divario di opinioni che separa la neonata area politica di Fini ed il resto del Governo.
Alessandro Giuliani

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