Il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti
I finanziamenti che sarebbero serviti alla scuola italiana e all’università erano e rimangono maggiori ai 3 miliardi richiesti ripetutamente dall’ex ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti: a spiegarne i motivi e lo stesso parlamentare, confluito nel Gruppo Misto.
Durante la trasmissione “Tagadà” su La7, Fioramonti ha detto di credere “che tutte le persone di buon senso capiscano quanto sia importante la scuola, la formazione e la ricerca. Ho sempre parlato di due miliardi per la scuola e un miliardo per l’università e la ricerca: complessivamente tre miliardi. Sembra una grande cifra, in realtà noi avremmo bisogno di 23-24 miliardi per raggiungere la media europea”.
In pratica, l’ex ministro dell’istruzione ritiene che solo scuola e università necessitino di un finanziamento pari quasi ad un’intera Legge di Bilancio.
Dei 23-24 miliardi necessari, ha detto ancora Fioramonti, “5 miliardi” servirebbero “solo per tornare a quanto spendevamo nel 2008 per questo settore”.
Poi ci sarebbero almeno altrettanti miliardi per incrementare gli stipendi di insegnanti e personale Ata di non meno di 200 euro al mese (ad oggi siamo fermi meno di 70 euro lordi), proprio al fine di ridurre il gap in busta paga rispetto ai colleghi europei.
Senza dimenticare che i compensi dei nostri docenti risultano i più inadeguati rispetto tutto il comparto della pubblica amministrazione.
L’ex grillino È tornato anche a parlare su come poter finanziare un’operazione così imponente: “Da sempre, ho proposto di lavorare sull’Iva e facciamo in modo che aumenti per alcuni prodotti dannosi per l’ambiente e la salute, e diminuisca sulle cose che ci fanno bene, rimodulandola. Complessivamente – ha concluso – avremmo reso più giusto il sistema fiscale e trovato anche qualche miliardo da investire per il futuro dei nostri giovani”.
Evidentemente, quando Fioramonti ho compreso che il governo gli avrebbe riservato meno di un decimo di quanto riteneva necessario, e nemmeno quel minimo sindacale di 3 miliardi più volte rivendicati, ha ritenuto che il suo mandato a capo del ministero dell’Istruzione poteva ritenersi concluso.
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