Ha lasciato traccia la richiesta fatta da un alto numero di governatori ai ministri di competenza, a seguito del riacutizzarsi dei contagi da Covid-19, di tornare a chiudere le scuole. La neo ministra per gli Affari Regionali e le Autonomie, Mariastella Gelmini, e il ministro della Salute Roberto Speranza hanno preso tempo. Si schiera con loro l’on. Lorenzo Fioramonti, già ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, all’inizio del secondo governo Conte.
“Spero seriamente che il Governo non chiuda le scuole”, ha dichiarato Fioramonti ricordando che vi sono le condizioni per stare in presenza in classe, perchè “in questi decenni abbiamo sviluppato tecnologie di tracciamento molto avanzate e sviluppato tecnologie che possono aiutare per la sicurezza negli edifici pubblici e nelle scuole”.
“Purtroppo – ha ammesso -, tante sono state le risorse fin qui sprecate nel fare delle scelte che non hanno avuto l’incidenza che speravamo. La verità è che abbiamo affrontato la pandemia con gli stessi metodi che erano stati adottati per far fronte all’influenza spagnola”.
“Mi ha fatto molto piacere – prosegue l’ex grillino – il riferimento agli ITS fatto dal Presidente Draghi nel suo discorso. Già in Germania esistono: si chiamano “università di scienze applicate” e producono delle professionalità che sono molto ricercate, ma anche estremamente ben pagate. In Italia persiste la convinzione che se uno non va all’università non ha imparato nulla. Voglio ricordare che tra i grandi innovatori del nostro secolo ci sono persone che hanno fatto una formazione molto diversa dall’impostazione classica”.
“Un paese che non investe in ricerca e innovazione e in tecnologia – ha continuato il deputato confluito nel Gruppo Misto – si trova impreparato quando poi arrivano momenti come quello che stiamo vivendo. Un vaccino non è che si realizza dall’oggi al domani: serve una catena produttiva, capacità e professionalità e il coraggio di fare scelte davvero innovative”.
“Ciò che potrà fare veramente la differenza nel nostro Paese sarà la previsione di un sistema che considera sia la formazione pratica con quella teorica, fino a mescolarle tra di loro. D’altronde è nella nostra storia: 500 anni fa il nostro percorso formativo nelle accademie prevedeva una natura incrociata, tale da generare personalità che avevano delle grandissime competenze teoriche ma anche pratiche. Per questo credo che l’artigiano del futuro sarà un tecnologo: l’unico veramente in grado di saper governare le nuove tecnologie e di rispondere in maniera immediata alle problematiche del nostro tempo”, ha concluso l’ex ministro dell’Istruzione.
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