Fine del precariato e delle classi pollaio: sono i due punti su cui Lorenzo Fioramonti, sottosegretario uscente all’Istruzione si appresta portare avanti come ministro appena eletto del Palazzo Bianco di Viale Trastevere.
Fioramonti è uno che le cose non le manda a dire, visto che lo scorso giugno, fu protagonista di un duro sfogo contro il Governo: “Chiediamo un miliardo per ricerca e università. Se non lo avremo, mi dimetto”, aveva tuonato, probabilmente stufo di non potere incidere più di tanto all’interno del Miur.
“Mi piacerebbe portare avanti il percorso che ho iniziato”, aveva dichiarato solo pochi giorni fa Fioramonti al Corriere della Sera, riferendosi alla sua candidatura a ministro del Miur.
Al primo posto, parlando anche di Università e Ricerca, come impegno da centrare l’accademico ha detto che occorre “rilanciare il settore bisogna chiudere la piaga del precariato di scuola, università e enti di ricerca”.
“Ci vogliono – aveva spiegato – investimenti di rilievo, certo. Credo che serva un miliardo aggiuntivo per l’Università e due per la scuola: dobbiamo dare un orizzonte a scienziati e ricercatori che a 45 anni sono ancora supplenti e a quegli insegnanti precari da molti anni”.
L’impressione è che la sua politica sia, per favorire la stabilizzazione dei precari storici, meno intransigente dei deputati del M5S che si erano messi un mese fa di traverso rispetto al decreto salva-scuola progettato dal senatore leghista Mario Pittoni.
Più cauto, invece, si è detto il neo-ministro sugli stipendi dei docenti, ben sapendo che tutto dipenderà dalle scelte del Governo, in primis del ministro dell’Economia e delle Finanze, e non del Miur.
Sugli incrementi stipendiali, si è limitato a dire: “Vedremo le possibilità”.
Francamente, ci è sembrato un ragionamento logico. Perché sarebbe autolesionista, alla lunga, promettere qualcosa che non si realizzerà mai. Soprattutto perchè per degli aumenti decenti, almeno 200 euro al mese, servirebbero non meno di tre-quattro miliardi di euro.
Per gli altri provvedimenti da prendere, l’abbattimento del precariato e la riduzione del numero di allievi per classe, invece i costi sarebbero molto più bassi: per il primo, tra l’altro, Fioramonti sa bene che c’è anche l’Unione europea a premere perché si proceda alle immissioni in ruolo dei precari di vecchia data, con almeno 36 mesi di servizi. E in caso contrario, se si consolidassero le attuali 170 mila supplenze annuali, potrebbero scattare delle multe importanti.
Sulla riduzione degli alunni per classe, invece, si potrebbe mantenere l’organico attuale, quindi senza incidere nella spesa, e sfruttare la progressiva denatalità cui l’Italia sta sempre più andando incontro: in pratica, anziché tagliare i docenti, aumenterebbero le classi, con numeri sempre minori di iscritti.
In questo modo, si darebbe seguito anche al disegno di legge pentastellato che voleva portare il limite, del numero di alunni per classe a 22-23 e 20 in caso vi fossero disabili. E il tutto, non più derogabile.
Inoltre, sempre Fioramonti è tra i fautori dell’Iva intelligente: fatta di tasse su merendine e bevande gassate: ha parlato di “interventi fiscali mirati, quella che chiamo l’Iva strategica. Bastano delle micro tasse di scopo: una sulle merendine, una sulle bevande zuccherate, un’altra sui biglietti aerei. Sono beni dannosi per la salute e servizi inquinanti. Ho calcolato che così si possono ricavare 2,5 miliardi”.
In questo modo, le spese per immissioni in ruolo e classi pollaio sarebbero del tutto coperte.
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